I comaschi e il coraggio
di trovare soluzioni

Como è il suo lago. E la passeggiata il luogo naturale in cui questa relazione trova concretezza. È per questa ragione che al caso del cantiere delle paratie sono state spesso associate parole come “scandalo” oppure “ferita”. Si tratta di espressioni forti ma non esagerate perché una città qual è la nostra, privata da otto anni del proprio spazio vitale, è come colpita al cuore.

Sulla vicenda, lunga nel complesso 21 anni, non ci siamo fatti mancare nulla. Compresa la coda giudiziaria con tanto di perquisizioni all’alba in tutti gli enti che hanno in qualche modo avuto a che fare con il progetto. I costi sono esplosi: dai 16 miliardi di lire inizialmente ipotizzati si è arrivati agli attuali 32 milioni di euro e chissà quante risorse occorreranno ancora per chiudere la partita. Siamo all’anno zero e lo stesso sindaco Mario Lucini, alcune settimane fa, ha dichiarato di non avere certezza che a questo punto ci sia una soluzione percorribile. Non si sa più come uscirne, tanto meno sappiamo quando. Ogni sorta di cronoprogramma oggi fa sorridere, il rischio concreto è che in assenza di novità il lungolago resti nella situazione attuale ancora per diversi anni. Quanti? I pessimisti già considerano il cantiere a lago una sorta di nuova Ticosa, chi vede più rosa parla di qualche anno.

Como, in sostanza, è in un vicolo cieco. E allora cosa fare? C’è chi in questi giorni imbastisce processi politici agli amministratori di oggi e di ieri. Entrambi, sia chiaro, pagheranno, se è il caso, in tutte le sedi (e molti, perlomeno politicamente, lo hanno già fatto) ma per il nostro giornale, che è un pezzo della storia di Como, la questione prioritaria, oggi, è un’altra: fare tutto ciò che è possibile per far sì che la città ritrovi la sua passeggiata nel più breve tempo possibile.

Per riuscire nell’impresa abbiamo pensato che il primo passo naturale fosse quello di chiamare a raccolta la società comasca, le associazioni e i singoli, il mondo del lavoro e quello della cultura. Una ventina di inviti e altrettante presenze al forum ieri in redazione a riprova che Como tanto è ammalata quanto ha, nel proprio corpo sociale, le forze per il suo rilancio. Le idee emerse sono tante e decine di altre arriveranno, ne siamo certi, nei prossimi giorni dai lettori. Un’indicazione trasversalmente condivisa ieri dai presenti al forum: la necessità di congelare la parte idraulica dell’opera (le famigerate paratie) e procedere con la sistemazione della sola passeggiata.

Molti hanno poi sottolineato l’importanza che l’opera sia presa in mano da un commissario ad acta con poteri cioè straordinari, tali da poter procedere in deroga al codice degli appalti su cui ci siamo incartati.

Si tratta di idee, spunti da approfondire, nessuno ha la soluzione in tasca. È l’inizio di un percorso che il giornale ha avviato forte di un paio di convinzioni. Primo, è decisivo di fronte al disastro in cui siamo, un moto di orgoglio civico, di rinnovato amore per Como. Sbaglia chi è convinto che una questione complessa vada risolta dai cosiddetti addetti ai lavori. Certo, ed è ovvio, servono professionisti molto competenti, più di quelli che hanno gestito sin qui progetto e cantiere. Ma quando in gioco c’è il futuro di Como è giusto che tutti siano coinvolti perché in fondo tutti siamo responsabili anche se a livelli diversi.

Seconda convinzione, il fattore tempo è fondamentale. Il mondo corre e noi stiamo fermi. Il lungolago va restituito ai comaschi in tempi brevi. Como non può più attendere. Sì, certo, è complicato, ma Como ha fatto nel passato cose molto più grandi. Perché quindi tirarsi indietro? Servono passione civile, che nella maggioranza dei comaschi non è spenta, coraggio, innanzitutto degli amministratori pubblici e responsabilità cioè la disponibilità ad anteporre il bene comune all’interesse particolare.

Quest’ultimo concetto è dedicato in particolare ai politici, dei due schieramenti, che su questo tema hanno già avviato la campagna elettorale. Como conta se iniziamo tutti a remare nella stessa direzione.

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