Altissima definizione

Si legge nella sempre più sottile sezione delle buone notizie del Grande Notiziario Mondiale, che il cinema Fulgor di Rimini, celebrato da Federico Fellini in quanto sala in cui, bambino, vide il suo primo film (“Maciste all’inferno”, 1926), torna all’antico splendore: riaprirà i battenti dopo un lungo restauro, ospiterà parte del museo dedicato al grande regista e tanto per incominciare ha ricevuto la visita del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni il quale, a quando dicono, ha una certa esperienza come controfigura.

Notizia buona perché pur ammettendo come inevitabile - e in qualche caso auspicabile - il progresso che ha cambiato radicalmente il nostro modo di fruire del cinema e della televisione, qualsiasi sforzo per preservare la memoria di “quel cinema”, vale a dire di quell’esperienza cinematografica, è senz’altro benemerito.

Il mio primo film al cinema, sia aggiunto al Verbale delle Dichiarazioni Inutili, fu “Un maggiolino tutto matto”, l’anno di proiezione il 1969.

Perché “Maciste all’inferno” abbia fatto di Fellini un Fellini e il “Maggiolino” non altrettanto di uno Schiani, è un mistero. Sono però convinto che in entrambi i casi sia scattata una profonda fascinazione per quella magia fatta metà di carne e metà di etere, per lo spettacolo delle grandi figure sullo schermo e per quello delle piccole sagome sedute in platea, per due ore sballottate sulle montagne russe di emozioni perfettamente infantili. Un’immagine che l’Alta Definizione non riuscirà mai a mettere a fuoco.

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