Altri scrittori

Ma, abbiate pazienza, chi ha chiesto scusa a Oriana Fallaci? A me pare, editorialoni a parte, che i pareri siano arroccati e inamovibili: chi condivideva il suo pensiero prima di Parigi ora, ovviamente, lo agita con forza; chi lo respingeva continua a non accettarlo e offre del terrorismo e del fondamentalismo islamico una lettura molto diversa. Se ci fate caso, l'editoriale che annuncia lo “Scusaci Oriana” inizia, più o meno, con le parole: “Oggi tutti chiedono scusa a Oriana Fallaci. Anzi no”. Nell'“Anzi no” mi pare stia tutta la sintesi della faccenda: ci scappa un bel titolo, facciamolo comunque.

Non di Oriana Fallaci vorrei però parlare, ma di chi la preceduta, letterariamente parlando, nel genere che da ultimo ha frequentato: Céline e Malaparte. Il primo con i suoi pamphlet antisemiti – che individuavano negli ebrei l'agente corrosivo della cultura occidentale -, il secondo per la prosa giornalistico-letteraria densa, visionaria ed egocentrica che Fallaci riprese, secondo me con meno forza. D'altra parte, anche messa a paragone con gli scritti di Céline dimostra, oggettivamente, un potenziale “dinamitardo” inferiore. Ci sarebbe poi un un altro predecessore illustre, ma debbo precisare che, in questo caso, il legame probabilmente lo vedo solo io e pertanto mi scuso in anticipo per questa bizzarria.

Ho sempre pensato che Oriana Fallaci fosse un Brendan Behan con accento toscano. Poeta, novelliere e commediografo, il dublinese Behan aveva lo stesso atteggiamento possessivo nei confronti della Storia e della cronaca: ci si metteva in mezzo e l'occupava tutta. Ogni suo commento sul conflitto tra Irlanda e Inghilterra portava il marchio di una personalità ingombrante, capace solo di giudizi netti, intransigenti. Se mi è permesso, trovo che Brendan fosse più spiritoso (anche in senso alcolico) di Oriana, ma è tutto. Ah già: era anche un membro dell'Ira. Questo, se volete, faceva di lui un terrorista. Ma erano altri tempi, altre battaglie, altri uomini, altri scrittori.

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