Anche i presidenti mangiano fagioli

Nel 1973 il regista Enzo Barboni, sotto lo pseudonimo “ammericano” di E. B. Clucher, presentò al pubblico una pellicola intitolata “Anche gli angeli mangiano fagioli” nella quale Bud Spencer e Giuliano Gemma facevano i simpatici e menavano cazzotti nel sottobosco criminale della New York degli Anni ’20.

Barboni doveva aver intuito un legame tra i fagioli e l’America perché tre anni prima in “Lo chiamavano Trinità” - film in cui Bud Spencer si accompagnava al suo partner “naturale” Terence Hill, ben prima che in quest’ultimo intervenisse la vocazione alle fiction - aveva inserito un pasto a base di fagioli particolarmente rustico e gustoso.

Ebbene, tanto basta per affermare che il cinema italiano ha saputo ancora una volta giocare d’anticipo in casa d’altri. Oggi infatti, con appena mezzo secolo di ritardo, Terence Trump, sotto lo pseudonimo di “Donald”, porta i fagioli nello Studio Ovale della Casa Bianca.

Lo ha fatto per compiacere un sostenitore ispanico che produce una linea di fagioli in scatola chiamata “Goya” e sua figlia Ivanka, a sua volta sostenitrice dell’imprenditore e dei suoi fagioli. La fotografia di Trump con fagiolame schierato sulla scrivania, pollice in su e sorrisone da “testimonial” pubblicitario, pubblicata dal presidente sul suo profilo Instagram, ha provocato molte reazioni, buona parte delle quali indignate. Non sappiamo se i fagioli abbiamo innescato reazioni indignate anche nella pancia di Trump, ma qualcuno farebbe bene ad arieggiare lo Studio Ovale.

Alcuni commentatori hanno accusato il presidente di pensare ai fagioli mentre l’America è alle prese con una furiosa epidemia di coronavirus, altri hanno trovato inopportuno che si sia messo a fare il piazzista di legumi. Tuttavia, né la Dichiarazione d’indipendenza né la Costituzione degli Stati Uniti d’America fanno menzione di fagioli e di spot pubblicitari lanciati dalla Casa Bianca, forse perché gli estensori di quei documenti immaginavano un futuro meno idiota di quel che poi si è materializzato.

Trump ancora una volta ha mostrato che la tendenza corrente della politica è quella di rifiutare in modo sempre più esplicito ogni formalità istituzionale, ogni rito che, affidandosi alla gravità e, se si vuole, alla pompa, richiami il carattere solenne ed edificante dello sforzo di cooperazione umana che si riassume nello Stato.

Trump e molti leader contemporanei non vedono più questa necessità di rappresentazione che, anzi, irrita i loro seguaci, e passano direttamente al business. Che è quello del venditore: piazzare il prodotto a tutti i costi, sia esso un muro, un accordo con Kim Jong-un, un’elezione presidenziale, un nuovo giudice della Corte suprema. E come Trump tanti leader piccoli e grandi battono oggi il mondo per venderci porta a porta prodotti a loro dire risolutivi: smacchiatori che cancellano le crisi finanziarie, sgrassanti che eliminano la criminalità e l’immigrazione clandestina, lieviti che gonfiano il Pil. Un perenne Carosello molto poco serio ma efficace, al quale i fagioli di Trump fanno ora da contorno.

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