Buone e cattive

Una delle obiezioni che più spesso vengono mosse a chi lavora nei media suona più o meno così: “Perché scrivete soltanto cattive notizie? Fate sembrare il mondo una tragica discarica”. Due le risposte più frequenti offerte dalla categoria: 1) il mondo è, in effetti, una tragica discarica, 2) in un certo senso c’è più “bisogno” di cattive notizie che di buone: per risolvere i suoi problemi, la società deve per prima cosa aver ben presente che esistono.

Ciò detto, l’obiezione non è infondata. Per istinto, il giornalista si butta sulla notizia “brutta” e se non “brutta” almeno controversa. Di tanto in tanto in tanto qualcuno ci prova a fare un giornale di sole buone notizie ma, va detto, il pubblico che le richiede non sempre va poi in massa a leggerle. Il miglior tentativo - che io conosca, almeno - di fare un notiziario in positivo sta nel sito upworthy.com: giornalismo di qualità al servizio di storie di redenzione, riscatto, buona coscienza e, spesso, di plateale sconfitta dei “cattivi”, siano essi razzisti, sessisti o intolleranti generici.

Ebbene: che effetto fa scorrere un sito fatto (bene) di sole belle notizie? Non sorprenderà apprendere che fa lo stesso effetto di un sito pieno di sole tragedie. In entrambi i casi, sorge il dubbio che la realtà, nel suo insieme, non possa essere così nitida, sia essa vista in positivo come in negativo. Fornire una descrizione somigliante del mondo resta l’obiettivo più alto del giornalismo. Un traguardo forse impossibile e per questo tanto più meritevole.

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