Camicia sporca

Camicia sporca

Comprenderete che, scoprendomi sul punto di venire annesso alla Svizzera, mi sia sentito disorientato. D'altra parte, il sondaggio proposto dal sito internet di questo giornale parla chiaro: due persone su tre sono favorevoli a rimodellare il confine in modo che il loro soggiorno ricada nella Confederazione elvetica.
Ho parlato di disorientamento, avrete notato, non di sorpresa. Quest'ultima sarebbe fuori luogo quando, fin dalla più tenera età, ho sentito avanzare decise simpatie per un aggiustamento della nazionalità. Ho sentito lodare l'efficienza svizzera, la pulizia svizzera, l'ordine svizzero e, non di rado, mi è stato fatto notare che potevo benissimo capire il dialetto ticinese mentre avrei avuto difficoltà ad afferrare quello lucano. Se osavo far presente che lo stesso problema si poneva con il dialetto bergamasco, il discorso dalla Svizzera si spostava all'Austria, «ai bei tempi di Maria Teresa», la regina «che ci ha dato il catasto». Cosa di cui faticavo ad apprezzare il valore quando non sapevo cosa fosse e che continuo a non apprezzare adesso che lo so. Comunque, le spinte a lasciare l'Italia c'erano già allora e non mi stupisce che ci siano adesso. Anche se poi leggo che, nel maggio scorso, 450 mila persone hanno partecipato, in un tripudio di tricolori, al raduno degli Alpini a Bergamo. Curiosamente, non molti tra loro erano di Pantelleria e ancor più scarsa era la delegazione proveniente da Lampedusa. Segno che, pur con tutta la fantasia concessa dai sondaggi, nel Nord brontolone ancora non si cambia nazionalità come fosse una camicia sporca.

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