Case dolci Case

Come vi comportereste se vi ritrovaste in un soggiorno che guarda a Est nella campagna del Sussex e foste chiamati ad arredarlo? Con ogni probabilità incomincereste a farvi un paio di domande. La prima: cosa ci faccio in un soggiorno del Sussex che guarda a Est nella campagna e, più in generale, che cosa ci faccio nel Sussex mentre dovrei essere al lavoro? Seconda domanda: perché devo arredare questo soggiorno? Chi me lo ha ordinato? Che cos’è questo improvviso interesse per i soggiorni del Sussex o, se è per questo, per altri locali di diversa destinazione ma di uguale collocazione geografica?

Il vostro smarrimento avrebbe senso e sarebbe perfettamente giustificato se non vi dicessi, ora, che vi trovate nel Sussex solo indirettamente, ovvero attraverso la televisione. State infatti assistendo a uno dei programmi di carattere immobiliare che imperversano sui canali satellitari e digitali: “Vado a vivere in campagna”, “La nostra prima casa”, “Vendo casa: missione possibile”, “Cambio casa (finalmente)!”, “Citofonare terzo piano”. A parte l’ultimo titolo - che mi sono inventato - gli altri sono tutti programmi in carne e ossa, o meglio in onde elettromagnetiche, e, più o meno, partono tutti dalla stessa premessa: qualcuno cerca casa, qualcun altro la vuole vendere, tutti sono alle prese con il mercato immobiliare.

Per qualche ragione, l’identificazione con chiunque - anche lontano decine di migliaia di chilometri da noi - stia cercando casa è praticamente istantanea. Lo seguiamo con spasimo mentre valuta se fare un’offerta - sempre un poco superiore al budget dichiarato -, condividiamo il suo entusiasmo per i doppi servizi e critichiamo con severità la scarsa importanza che presta a un disimpegno poco ventilato. La “casa” è evidentemente un luogo tanto privato quanto condiviso: l’umanità è affratellata da un desiderio di intimità, di pace, di sicurezza. Tutti uniti su un concetto: vogliamo un posto dal quale escludere gli altri.

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