Cavoli nostri

La prima immagine è quella di Maurizio Gasparri che entra in uno studio televisivo a diretta in corso. Il talk show è già incominciato e lui si aggiunge al gruppo degli ospiti: c’è una sedia vuota che lo aspetta. Stringe svelto la mano alla conduttrice e si accomoda con la disinvoltura un po’ eccessiva che noi avremmo prendendo possesso del divano di casa o aggiustandoci su altri sedili, più intimi, della nostra abitazione. Non ha ancora detto una parola e io già penso: «Perché devo stare a sentirlo?»

Vi prego di credermi: non ho nulla di personale contro Gasparri. Non l’ho mai incontrato, non abbiamo mai avuto uno scambio di mail e appartengo a quel due per cento di italiani che non ha (ancora) polemizzato con lui su Twitter. Non sopporto più di vederlo in uno studio tv perché c’è in lui, come in molti altri, quest’aria di diritto acquisito alla presenza pubblica, all’opinione costante, al dibattito ininterrotto e inane, che è diventata veramente insostenibile.

Tanto per dimostrare che non ce l’ho con Gasparri, vi prego di considerare un’altra testa parlante, di schieramento diverso se non opposto: Alessandro Di Battista dei 5Stelle. Ieri se ne è uscito con un attacco alla Germania che, in sostanza, conteneva l’esplicita accusa di “nazismo” economico, oltre alla solita tirata contro l’euro e lo “schiavismo” del Nord Europa nei confronti del Sud.

Io non voglio togliere la parola a nessuno, ci mancherebbe. Mi chiedo solo perché dobbiamo vivere con un costante sottofondo di opinioni ripetitive, o al massimo riarrangiate, con cui le parti politiche attestano la loro esistenza in vita, cercano la nostra attenzione, attizzano il fuoco sotto il pentolone elettorale: il tutto per finalità proprie, di auto-conservazione, e a dirla tutta anche vagamente masturbatorie. Non è che questo bla bla ci sta impedendo di pensare? Alla politica, innanzitutto, che meriterebbe ben altro spessore, alla cultura, elemento non trascurabile nella società, e perfino ai cavoli nostri e benedetti, ai quali, ricordiamoci, abbiamo infine sacrosanto e imperituro diritto.

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