C’è una signora in una foresta lontana...

È un’energica signora di 52 anni e risponde al nome di Supaporn Wacharapluesadee. Per la verità non sempre risponde: la ragione potrebbe essere che non sappiamo pronunciare correttamente il suo nome - è thailandese, dopo tutto - oppure che non è a portata di orecchio. Supaporn Wacharapluesadee, infatti, spende parecchio del suo tempo nelle foreste del Sud-est asiatico in compagnia di pipistrelli.

Come se non bastasse, non dispone di Facebook, Twitter e Instagram, tanto da incarnare una riedizione del famoso enigma dell’albero nella foresta: se la signora Supaporn Wacharapluesadee inciampa nella giungla e dell’incidente non rimane traccia nei social, si può dire che ha inciampato davvero?

Lasciamo ai posteri l’incarico di affrontare il problema e veniamo al punto. Supaporn Wacharapluesadee, con tutto il suo isolamento e le sue esclusive frequentazioni di chirotteri, svolge un lavoro tremendamente importante: si occupa di individuare e isolare virus che potrebbero trasferirsi dagli animali all’uomo o che, come nel caso del Covid 19, già lo hanno fatto.

Come si legge nel profilo che le ha dedicato la rivista “Science” , la signora è nota nel mondo della ricerca per il suo lavoro di tracciamento del virus Nipah, un patogeno proveniente dai pipistrelli, meno contagioso di quello responsabile della Sars ma potenzialmente più letale per l’uomo. E a proposito di Sars, Supaporn Wacharapluesadee ha isolato nei pipistrelli coronavirus legati sia, appunto, alla Sars, sia all’altra sindrome respiratoria, la Mers. È anche stata la prima ricercatrice a completare il sequenziamento del Sars-Cov 2 (il coronavirus associato alla malattia che conosciamo come Covid 19) fuori dalla Cina. Non in un animale ma in un uomo, un passeggero imbarcato su un volo internazionale. Da allora è impegnata nel rintracciare il punto di partenza biologico del virus, con tutta probabilità da stabilirsi in un pipistrello e arrivato a noi per tramite di un altro “animale ospite”. Dalla sua cattedra di Bangkok, all’università Chulalongkorn (i nomi thailandesi raramente sono brevi e a prova di maliziose ironie), la signora spesso si sposta nelle foreste in cerca di pipistrelli e la sua ostinazione le ha permesso di raccogliere molti dati interessanti, tanto che l’identificazione dell’origine del virus oggi può dirsi vicina. Soprattutto, la ricercatrice thailandese insiste nel promuovere il suo metodo di ricerca sul campo: un sistema faticoso, ma probabilmente l’unico in grado di fornire conoscenze attendibili. Per questa ragione, Supaporn Wacharapluesadee trascorre tanta parte della sua vita tra i pipistrelli delle foreste e gli abitanti dei villaggi più remoti. «Se in passato avessimo preso più seriamente i ritrovamenti di coronavirus negli animali» dice, «avremmo potuto fare molto di più per prevenire le epidemie».

Persone così vanno certamente ammirate per la loro dedizione, per l’adesione convinta a un progetto. Purtroppo, adesso, a qualcuno toccherà andare laggiù per informarla che a) il virus è nato in un laboratorio, b) è nato in un laboratorio ma in realtà non esiste, c) i vaccini inventati per prevenirlo sono radioline 5G che ci collegano con Bill Gates. Già che ci siamo, direi di comunicarle anche che la Terra è piatta, così siamo a posto.

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