Di nuovo

Di nuovo

Per matematica consuetudine misuriamo il tempo in minuti quando, in realtà, andrebbe misurato in momenti. Laddove ogni momento rappresenterebbe un’unità di sensazioni. Non c’è bisogno che vi faccia l’elenco delle possibili sensazioni: vivete, dunque sapete. Vorrei invece concentrarmi su un tipo specifico di momento. Mi riferisco al momento di imbarazzo o, se preferite, di semplice disagio. È questo il momento che classificherei sotto la dicitura «Di-Nuovo». Il fatto che sia imbarazzante non deve trarvi in inganno: il momento «Di-Nuovo» è un momento prezioso perché, in esso, si riscontrano profonde radici umoristiche.
Il momento «Di-Nuovo» si manifesta spesso tra le mura di un negozio. Non importa la categoria merceologica: può essere un negozio qualunque. Il cliente ha scelto l’articolo, il negoziante glielo ha porto, il cliente lo ha pagato. Si passa ai saluti: «La ringrazio», «Grazie a lei», «Arrivederci», «Arrivederci». La scena è finita, il cliente dovrebbe andarsene, come un attore che si defili tra le quinte. Così non accade: il cliente indugia nel sistemare il sacchetto, s’imbroglia nel riporre le monete. Trascorre qualche secondo di reciproco, doloroso imbarazzo. Finalmente il cliente è pronto. Che fare? Ripetere pedissequamente la cerimonia dei saluti? Impossibile. Ecco che scatta allora, a mezza voce, un sintetico commiato: «Di nuovo», «Di nuovo». Finalmente la scena è finita. Ma troppo tardi: da dignitosa è diventata comica, perché ridicola. Come questo articolo, che doveva finire molto prima. Cosa dire, adesso? «Di nuovo».

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