Domani si va tutti su Venere. O forse no

Fermi, per carità: fermi! Prima di fare le valigie, staccare la luce e disdire l’abbonamento a Sky prendetevi una pausa: c’è il caso che il biglietto in vostro possesso non sia più valido. Quale biglietto? Ma quello per Marte, ovviamente. Ovvero la destinazione che i guru social-tecnologici hanno da tempo individuato per l’umanità, costretta a trovare un nuovo pianeta dopo aver “esaurito” quello sul quale ha avuto la fortuna di nascere.

La casa natale è sempre la casa natale, si capisce, piena di cari ricordi: il giardino nel quale si è gettata la prima cartaccia, l’autostrada sulla quale si sono spremuti i primi ottani, la fabbrica che, sotto il nostro sguardo illanguidito, colorava l’alba di diossina. Ai sentimentalismi però occorre porre un limite e se c’è necessità di traslocare, ebbene occorre farsi coraggio e incominciare a preparare le masserizie.

L’ipotesi di trasferimento su Marte non è del tutto fantasiosa. C’è chi ci sta pensando molto seriamente: leggete, per esempio, il sito mars-one.com, piattaforma di un’organizzazione decisa a realizzare il primo insediamento umano sul Pianeta Rosso.

Per quanto mars-one faccia sul serio, il suo piano potrebbe essere già obsoleto. Ci sono esperti che preferirebbero puntare su un altro pianeta: Venere. Ecco perché bisogna aspettare a far le valigie.

È ben vero, dicono costoro, che lassù l’atmosfera è particolarmente ostile, intrisa com’è di anidride carbonica e sferzata da torrenziali piogge di acido solforico, ma, a parte il fatto di non essere poi tanto peggio di un weekend a Marghera, essa passa in secondo piano rispetto ai vantaggi offerti dal pianeta in sé: la gravità, per esempio, è il 90% di quella che abbiamo sulla Terra e questa affinità potrebbe giocare un ruolo decisivo nel processo di adattamento. E poi, aggiungono gli esperti, non andremmo a vivere proprio sulla superficie del pianeta, dove le temperature sono infuocate, ma circa 50 chilometri più in alto: lì troveremmo, in fatto di calore e pressione, condizioni (quasi) ideali. Stabilirsi a mezz’aria su Venere pare non sia un problema: basterebbe costruire speciali dirigibili di Teflon, proprio il materiale delle padelle antiaderenti, che all’anagrafe risponde al nome di politetrafluoroetilene.

Insomma: impresa difficile ma non impossibile. Al punto che viene un sospetto: il problema critico non sarà adattare l’umanità a Venere, ma adattare Venere all’umanità.

Riuscite a immaginare quali problemi solleverebbe l’organizzazione logistica del trasloco anche di una porzione modesta della popolazione terrestre? Tra chi non vuole il dirigibile esposto a nord, chi insiste per portare la moto, chi rifiuta di collocare il bagaglio a mano nell’apposito scomparto, chi falsifica la carta d’imbarco per guadagnare uno stop-over alle Maldive, chi fa ricorso al Tar del Lazio (che, come è noto, ha giurisdizione fino alla fascia di Edgeworth-Kuiper), chi ha finito la ricarica, chi non ha sentito la password del wi-fi, chi cerca un po’ d’acqua per mandar giù la pillola del colesterolo e chi deve fare la pipì, l’esodo si trasformerebbe presto in una terrificante babele, in un desolante piagnisteo, un tira e molla fatto di ripicche, raccomandazioni, fotografie “postate” su Facebook, tweet malevoli e, quel che forse è peggio, l’inevitabile emoji del venusiano che tira fuori la lingua.

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