Egoisti e spaventati

“Certe volte – annota il filosofo-scrittore Alain De Botton – l’indifferenza altrui può essere raggelante. Nessuno nota la nostra presenza, nessuno sembra cogliere il bisogno d’affetto nei nostri occhi. È facile giungere alla conclusione che, a questo mondo, siamo disperatamente soli. Ma questa impressione può, in certe circostanze, rapidamente ribaltarsi. In presenza di un pericolo vero, di un emergenza come quella rappresentata da qualcuno che, vicino a noi, attenta alla sua vita, ecco emergere straordinari e disinteressati gesti di solidarietà”.

Fin qui de Botton, che trova la fonte della solidarietà nel bisogno e nell’emergenza: una conclusione confermata dai tanti esempi di coraggio e reciproco sostegno che si ritrovano nei momenti delle catastrofi. Quel che sembra mancare è una comprensione più ordinaria e costante, quasi quotidiana. Un’attenzione al prossimo che non sgorghi dall’emergenza ma ci accompagni sempre, nella consapevolezza che il costante, sotterraneo smarrimento e la “quiet desperation” citata da Thoreau (e dai Pink Floyd) fanno più vittime della guerra e del terremoto. Bisogna pensare però che c’è sempre un po’ di egoismo nell’esigere l’attenzione degli altri, quel pizzico di strabismo esistenziale che ci pone sempre e comunque al centro del mondo. È l’egocentrismo del bambino che guarda alla mamma perché si prenda cura di lui. Purtroppo la vita ben presto fa di noi degli orfani.

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