Eterno inetto

Ecco la cara, vecchia agenzia Ansa che, puntuale, scodella un ritrattino dell’Italia nostra:

«Era uscito da pochi giorni dal carcere a seguito di una condanna per stalking nei confronti dell’ex moglie, ma è rapidamente tornato dietro le sbarre per il medesimo reato. I carabinieri di Meldola, nel Forlivese, hanno arrestato un operaio di 52 anni colto in flagranza mentre, nonostante il divieto ad avvicinarsi alla sua ex, stava tentando ripetutamente di speronare la vettura guidata dalla donna. L’uomo è stato così riportato in carcere».

Notizie di questo tenore sono piuttosto comuni. Le più tragiche, quelle che sfociano in omicidi e assalti all’acido, finiscono nelle prime pagine. Le altre, nei notiziari locali. Questione di differente magnitudine penale, si capisce, ma certo è che questi episodi appartengono comunque alla grande categoria del fallimento del genere umano, sottogenere maschile. Non c’è da prenderli sottogamba, neppure in una rubrica insignificante come questa. Eppure viene la tentazione di mettersi, per un momento, nei panni dell’uomo che aggredisce, ossia in quelli, come dice l’Ansa, «di un operaio colto in flagranza a speronare l’auto dell’ex».

È ben vero che ragione e logica contribuiscono ben poco a tali gesti, ma è possibile che, neppure per un secondo, l’aggressore riesca a vedere fuori da se stesso, a contemplare, come in uno spettacolo allestito solo per lui, lo spaventoso stato di degrado in cui si trascina cedendo a impulsi tanto violenti? Per “rettificare” cosa, poi? Per “vendicare” che? Forse solo per dichiarare al mondo, nel modo più sgradevole e rumoroso possibile, la sua incapacità a stare al passo con la civiltà, il suo desiderio infantile, anzi, di contribuire a demolirla, come si vuol demolire qualcosa che non si capisce e sembra minacciarci perché, sotto sotto, sospettiamo voglia prenderci in giro. Chi non può più piangere di frustrazione, picchia. E si conferma un eterno inetto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA