Fissi e fessi

Credo che ognuno di noi abbia desiderato che prima o poi l’eterno confrontarsi delle opinioni, ovvero l’incessante duello di convinzioni e pregiudizi che, in fondo, rappresenta il nostro modo di vivere, possa, almeno per una volta e almeno su un argomento specifico, fermarsi e che tutti quanti si possa convenire su un punto: «Ecco, siamo d’accordo su questo. Aggiorniamoci al giorno in cui qualcuno avrà qualcosa di più intelligente da dire sull’argomento». Così facendo, alcune discussioni potrebbero venire sospese per anni, se non per secoli. Questo però non accade mai e per la semplice ragione che nessuno, in nessuna circostanza, cambia radicalmente opinione. Un mitra puntato alla testa può indurre qualcuno a vacillare sulla propria fede politica o calcistica ma, una volta cessata la minaccia, il cervello tornerà a orientarsi come prima, attratto da un misterioso polo magnetico della persuasione.

C’è il caso che un ricercatore si sia chiesto perché e si sia dato alcune risposte. Justin Friesen, psicologo, ha voluto registrare le reazioni di chi si vede sfidato a fondo nelle convinzioni più intime, ovvero in termini di religione e di etica sociale: la sua scoperta è stata che le persone, anche quando rimangono a corto di fatti da opporre alle argomentazioni, piuttosto che cambiare idea e accogliere un nuovo punto di vista si rifugiano nell’ultima trincea, peraltro inviolabile, della testardaggine, ovvero la giustificazione morale non falsificabile.

Non so se Friesen se ne rende conto, ma la sua conclusione è di una tristezza quasi indicibile. In parole più semplici, infatti, lo studio sostiene che i valori morali con i quali ci difendiamo e di cui facciamo l’abbagliante armatura della nostra personalità, altro non sono che prigioni, trucchi mentali eretti allo scopo di evitare di metterci in discussione. Perché cambiare, lo sostiene lo stesso psicologo, è «profondamente stressante e disorientante». Viviamo dunque in una fissità aliena al mondo che ci circonda e non possiamo neppure rendercene conto.

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