Gloria effimera

Questa cosa sta diventando un problema e se mi ricordassi di che cosa si tratta sarebbe già qualcosa. Ah, sì: il problema di cui sopra è proprio quello di ricordarsi. Di che cosa? Ma, di tutto! A cominciare dalla ragione per cui si è entrati con tanta decisione in una stanza, certo spinti dalla necessità di provvedere a qualcosa, per scoprire che la consapevolezza di che cosa se ne è andata nel tragitto. Il guaio sarà certamente legato all’età, ma mi accorgo che per il sottoscritto diventa vieppiù difficile trascinare un concetto dalla fase di ideazione a quella di esecuzione. In altre parole, è sempre più difficile, per me, seguire tutti i (tre) passi necessari a progettare di far qualcosa, ricordarsi di volerla fare e, infine, farla.

Da tempo questa crescente inaffidabilità della memoria breve è fonte di frustrazione e, di tanto in tanto, perfino di vergogna. In qualche raro caso è arrivata a produrre un aneddoto simpatico, un episodio ameno, utile a divertire gli amici durante un convivio. Di recente, ho però notato che il problema si è trasferito a uno stadio superiore, in apparenza meno drammatico ma in realtà, a pensarci bene, parecchio allarmante.

Si nota, questa evenienza, non quando mi dimentico qualcosa, ma quando me ne ricordo. Il portare a compimento un piccolo impegno preso con me stesso nel giro di pochi minuti, mi riempie di soddisfazione: «Ce l’ho fatta!» gongolo, «Questa volta l’ho azzeccata». Una sensazione di effimera gloria che subito si sgonfia alla constatazione più logica: arrabbiarsi per un proposito dimenticato è certo meno grave che esultare per averne conservato uno. Nel primo caso si legge la determinazione, fiera, di rimettersi sulla retta via, quella di una memoria affidabile e funzionale, nella seconda la soddisfazione, un po’ ebete, di constatare che il meccanismo cerebrale, comunque dato per perduto, di tanto in tanto emette ancora segnali di vita. Questo conduce a una conclusione fondamentale e lampante, ma figurarsi se adesso me la ricordo.

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