Grazie Berkeley

Vorrei tornare sul tema della luce e del colore, nel quale mi sono imprudentemente inoltrato domenica, perché è capitata una coincidenza e quando le coincidenze capitano è peccato lasciarle passare irriconosciute, senza per questo voler attribuire loro chissà quali riverberi cosmici. La coincidenza è questa: nel leggere un tomo che mi trovo per le mani in questi giorni ho incontrato il nome di George Berkeley e il nome di George Berkeley ha rimescolato nella mia testa pensieri e nozioni sparse.

Berkeley, dal quale l'omonima città californiana, sede universitaria, ha preso in prestito il nome, era un irlandese, nato sul finire del XVII secolo e diventato vescovo - anglicano - ma soprattutto filosofo e teologo. La sua figura rimane nei testi di filosofia per la metafisica dell'immaterialismo. Secondo Berkeley nulla di ciò che ci circonda esiste. La materia è un'astrazione, il risultato delle impressioni raccolte dai nostri sensi. Una teoria di cui Berkeley era profondamente convinto, anche se a giudicare dalla pienezza delle guance riscontrata nei ritratti che restano di lui egli non arrivava all'estremo di respingere, in quanto immateriale, una bella bistecca al sangue.

La metafisica del nostro tendeva a dimostrare che se nulla è materiale, tutto è spirituale e dunque, in ultima analisi, discendente da Dio. C'è qualche dubbio, oggi, che questo ragionamento fili perfettamente ma l'immaterialità di Berkeley, forse senza volerlo, coglie un aspetto profondissimo e tuttavia necessariamente superficiale dell'esistenza. Poco importa se esiste o non esiste una “vera” natura delle cose: tutto ciò che percepiamo è dapprima frutto di interazione tra materia e materia e poi della materia con i nostri sensi. Non esiste nulla di percepibile se non attraverso i sensi. Proprio come la luce e i colori. Poiché i sensi sono individuali, possiamo dire che non esiste – nel senso di cui sopra – nulla che non sia relativo. Qualcuno inorridirà all'idea, ma è proprio questa multiformità a rendere l'esistenza tollerabile e perfino, qualche volta, poetica.

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