Il critico da Twitter boccia “La lettera scarlatta”

I classici sono i «contemporanei del futuro» sosteneva Giuseppe Pontiggia, grande scrittore che non ricordiamo mai abbastanza. Ai classici Pontiggia dedicò tante pagine e soprattutto tanto studio. Scomparso nel 2003, non sappiamo come avrebbe reagito all’attuale ondata di disdegno verso i testi patrimonio dell’umanità, ma è lecito pensare che se ne sarebbe inquietato. Certo, non avrebbe perduto il suo tratto gentile e signorile, ma di scuro avrebbe trovato qualche parola definitiva da dire e da scrivere,tanto per rimettere le cose a posto.

Impossibile pensare, qui, di sostituirci a lui, eppure non sarà inutile tentare di registrare un fenomeno che, ancora una volta, passa per le vie della Rete e sta diventando un poco fastidioso.

Il fenomeno è classificabile, volendo, come una specie di divertimento per cialtroni evoluti e richiede che si pubblichino online commenti scarcastici e perfino insulti rivolti ai grandi testi della letteratura, quelli che troviamo sui banchi di scuola, spesso protetti dalla Cultura ufficiale sotto una bella bacheca di vetro.

In sé, l’esercizio potrebbe apparire salutare: dopo tutto i libri sono soltanto libri e non si vede perché non possano essere discussi, criticati, parodiati e financo derisi. Chiunque pubblichi un libro - da Omero a Fabio Volo - si espone a ogni sorta di venti favorevoli e contrari che lo sballotteranno tra elogi imbarazzanti, contestazioni feroci, motteggi sguaiati e, soprattutto, interpretazioni spesso selvagge circa le originali intenzioni del testo. E tuttavia nel fenomeno di cui sopra si riscontra un atteggiamento tipico della nostra epoca che si rifiuta di discutere se non declamando a ritmo sincopato sentenze arroganti e approssimative, boriose e semplicistiche.

Prima di aggiungere il problema all’elenco delle tante afflizioni nazionali, sarà bene precisare che questo andazzo irritante riguarda soprattutto i Paesi di lingua inglese e in particolare l’America, dove è in corso un allegro tiro a segno - inclinazione nazionale, dopo tutto - contro i testi “sacri” della loro letteratura: dal “Grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald alla “Lettera scarlatta” di Nathaniel Hawthorne passando per “Moby Dick” di Melville, che si è ritrovato con più fiocine infilzate sulla groppa di quante siano mai state indirizzate alla sua balena bianca.

La “campagna”, se così vogliamo chiamarla, si alimenta sul risentimento verso i testi scolastici che, laggiù come da noi, perdura in molti anche a istruzione finita. L’operazione è oggi facilitata e diffusa dai social media, e così assistiamo a demolizioni critiche di Whitman e Faulkner nelle 280 battute ammesse da Twitter. Hai voglia, poi, a richiamare in servizio Harold Bloom e il suo prezioso “Canone occidentale”.

E da noi? Che barba quel “Purgatorio” e che noia i “Promessi sposi”, per non parlare dell’Iliade e degli infiniti lutti che addusse agli studenti. Tutte cose che abbiamo sentito dire e che, se non detto, abbiamo perlomeno pensato. Qui, però, la campagna di demolizione di Dante e Leopardi non è ancora partita, non ufficialmente almeno. Perché si scateni la tempesta c’è bisogno che qualcuno, quella roba, prima se la legga.

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