Il dieci perfetto

Quarant’anni fa ci fu concesso, per un minuto, il privilegio di vedere la perfezione, di osservarne la vetta senza che fosse offuscata da nubi . Da allora, riconosciamolo, è stata tutta discesa. Ci sono stati altri momenti esaltanti, grandiosi, commoventi ed eroici, ma la perfezione - riconosciuta, attestata, consegnata alla Storia - mai più.

Il 18 luglio del 1976 alle Olimpiadi di Montreal la ginnasta Nadia Comaneci ottenne il “10 perfetto” alle parallele asimmetriche. Una valutazione insuperabile che i giudici assegnarono per la prima volta e che in qualche misura dovettero perfino inventarsi: il tabellone in servizio poteva arrivare solo fino al 9,99.

La prima a stupirsene fu proprio Nadia: «Non mi sembrava di aver fatto un esercizio perfetto» dirà in tante interviste. «In allenamento l’avevo provato tante volte e sapevo di poterlo fare anche meglio e l’uscita non fu proprio impeccabile».

Lo schermirsi di una perfezionista, non c’è dubbio, ma è probabile che i giudici assegnarono quel punteggio stratosferico, assoluto, anche al suo essere bambina che veniva dall’altra parte del Muro. Chi se lo sarebbe immaginato, dopo tutto? Dall’Est arrivavano di solito gelidi tenenti dell’Armata Rossa che correvano senza rilasciare una goccia di sudore, oppure massicce nuotatrici germaniche in grado di macinare vasche su vasche alimentandosi con qualcosa più sostanzioso, così pareva di intuire, di crauti e salsicce.

Ecco che la cortina si schiudeva per mostrarci invece un miracolo di grazia, una ragazzina seria ma non grave, un’atleta disciplinata ma non militaresca. Il “10 perfetto”, credo, fu assegnato anche alla rivelazione che dal freddo non arrivavano solo stivali e carri armati, kalashnikov e sfilate sulla piazza Rossa. Quarant’anni dopo aspettiamo dal mondo un altro segnale di speranza, un’altra visione di grazia e di bellezza. Ci sono uomini che ce la devono. Noi, il “10 perfetto” saremmo eventualmente pronti a concederlo ancora.

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