Il diritto violato

c’è una ragione in più per invecchiare decentemente, cercando di evitare di dover contare sull’aiuto altrui. Tra i mille pericoli che corriamo c’è ora anche quello di venir affidati, in tarda età, alle cure di un politico condannato ai servizi sociali.

Non ce l’ho con Berlusconi in particolare: sarebbe troppo facile accumulare battute sul suo conto e quando le battute sono (troppo) facili da fare, difficilmente sono belle e di certo non sono memorabili. Mi limito semplicemente a denunciare il rischio corso dai nostri anziani: quello di perdere uno dei pochi diritti garantiti dalla terza età, uno di quei diritti che fino a oggi nessuno aveva osato mettere in discussone. Non mi riferisco alla pensione, diritto già pericolante a causa della spericolata gestione delle finanze pubbliche, ma a quello, ben più antico e radicato, di parlare e straparlare, di raccontare e riraccontare, di ammonire una volta e ammonire mille volte. Gli anziani hanno vissuto tanto - altrimenti non sarebbero anziani - e l’aver tanto vissuto li ha dotati di storie e aneddoti. Alcune storie sono buone, altre meno; alcuni aneddoti sono significativi, altri meno. Non importa: gli anziani, in virtù delle ferite inferte loro dal tempo, si sono guadagnati il diritto di raccontare ciò che pare a loro , quando pare a loro. Così è e così è sempre stato.

Purtroppo, questa magnifica tradizione viene messa in pericolo dall’idea di affiancare agli anziani un assistente politico o ex politico. Ovvero la categoria che fa della parola l’uso più spericolato, retorico, volubile e manipolatorio possibile. Ancora: non mi riferisco necessariamente a Berlusconi. Immaginatevi, tra qualche anno, una casa anziani che si vedesse affidare Renzi quale assistente temporaneo. Immaginate da quale valanga di parole verrebbero investiti gli ospiti della suddetta casa: tutti i loro racconti, le loro storie e, in una parola, la loro vita, finirebbe sotto una slavina di eloquio toscaneggiante. E Renzi sopra che parlerebbe ancora: se non altro per promettere la mobilitazione «tempestiva» della Protezione Civile.

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