Il gatto filosofo

A volte è meglio lasciar vincere la pigrizia. Così, per affrontare un argomento che si ha nella testa, meglio prendere a prestito parole di altri piuttosto che metterne insieme di proprie. Si ottiene un doppio risultato: invece di affannarsi sulle proprie corde espressive, qualche volta balbettanti, si diffondono quelle limpide e collaudate di grandi autori, il che non fa mai male; inoltre, questo spazio invece di diventare l'esercizio di io che scrivo e voi che leggete, si trasforma in un molto più rilassato riquadro in cui noi tutti leggiamo insieme.

Volendo parlare di individui e delle differenze che li dividono, mi è venuto in mente un brano di “Io sono un gatto”, romanzo del 1905 dello scrittore giapponese Natsume Sōseki. Costui, nel descrivere l'affacciarsi della modernità nel suo Paese durante l'epoca Meiji (1868-1912) fa raccontare a un gatto, ospite più o meno gradito nella casa di un professore, i discorsi che nella casa stessa gli umani intrecciano. Nel capitolo finale, il professore se ne esce con questa riflessione:

“...Viviamo in una società basata sulla personalità individuale. Quando un clan familiare era rappresentato dal capofamiglia, un distretto dal suo delegato, un paese dai governanti, solo questi rappresentanti avevano una personalità, gli altri individui no... Ora la situazione è drasticamente mutata, ognuno vuole esternare a tutti i costi il proprio carattere ed evidenziare la differenza tra se stesso e gli altri, io sono io, tu sei tu. Se due persone si incontrano, proseguono ognuna per la propria strada, sfidandosi in cuor loro: tu sei una persona, lo sono anch'io. Tale è la forza che ha acquisito l'individuo. Ma se gli individui sono diventati equamente forti, sono anche diventati equamente deboli. Forti, perché ormai nessuno può ledere i loro diritti a proprio arbitrio e capriccio, ma palesemente più deboli di un tempo non potendo più imporre la propria volontà agli altri...”

Mi piace molto questo passaggio del libro, così come tanti altri. Ma soprattutto mi piace l'idea che ad ascoltarlo, acciambellato su un cuscino tra il sonno e la veglia, sia proprio un giovane gatto filosofo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA