Il secondo esame

Del mio esame di maturità ricordo la sorpresa di salire sul bus e vedere tutte le persone che andavano al lavoro come fosse una giornata qualsiasi. Di sicuro per me non lo era. Arrivavo all'esame con la coscienza sporca: non avevo alle spalle un anno di studio proficuo e temevo di fare una figuraccia. Non andò così, per fortuna: imbroccai un tema di italiano che, modestia a parte, era da applausi e da l'esame filò liscio. Non passai con il “60/60” che, allora, decretava l'eccellenza perché non me lo meritavo (troppi precedenti loschi) ma quasi. Trascorsi un'estate serena senza sospettare che, di lì a un anno, mi sarebbe toccato superare l'esame un'altra volta.

Andò così. Essendomi diplomato in una materia tecnica (l'elettrotecnica: una specialità che, oggi, a pronunciarla sembra moderna quanto la marineria a remi e che invece è ancora indispensabile), mi sembrò ovvio darmi subito al giornalismo. Per qualche curiosa ragione non mi fecero debuttare in prima pagina. Incominciai invece a collaborare con articoli dapprima brevissimi, poi molto brevi, poi brevi e basta. A un anno esatto dall'inizio della mia collaborazione, ebbi un incarico di grave responsabilità: “Fai il giro delle superiori e fatti dare i risultati della maturità”.

Già sognando il Pulitzer mi avviai di buona lena per scoprire che, con i giornali e i giornalisti, non tutti hanno un rapporto facile. Non li aveva il preside di un grosso istituto cittadino che, sbrigativamente, mi disse che lui, copia dei risultati, non si sognava neanche di fornirmela. “E io come faccio?” chiesi. “Se se li vuole copiare, non posso impedirglielo”. E andò così che mi copiai dai tabelloni uno per uno nomi, cognomi e voti dei maturi di quell'anno. Un lavoro mostruosamente noioso e ad alto rischio: storpiare un nome (o peggio, un voto) sarebbe equivalso a perdere la faccia con il giornale, lo studente in questione, la sua famiglia e, in fondo, la città tutta. Feci percorso netto, per fortuna, e mi rimase pure la sensazione che quella seconda “maturità” mi avesse insegnato qualcosa di sfuggito alla prima.

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