Il tempo del gatto

Suppongo che l’anonimo redattore dell’Ansa non avesse intenzioni offensive. Semmai voleva dare al suo “pezzo” un abbozzo di coloritura satirica, conferirvi cioè il sapore, non dominante ma inconfondibile, di un commento sociale. Niente di maligno e neppure di malizioso: solo un piccolo strappo alla regola che vuole le notizie d’agenzia scritte in una prosa piatta che sarebbe garanzia di oggettività.

Nessun dolo, dunque, e nessuna ragione per cui far la predica al redattore di cui sopra. Eppure è riuscito a farmi arrabbiare lo stesso. Forse “arrabbiare” è dire troppo, però, alla lettura del “pezzo” , certamente ho provato un sobbalzo di indignazione e la voglia insopprimibile (e non soppressa, come è evidente) di replicare.

L’articolo in questione incomincia così: «Non bastavano le varie “giornate” nazionali e mondiali, ora i gatti in Italia avranno anche un loro Festival. La prima edizione si svolge il 24 -25 settembre in provincia di Piacenza nel Parco del Castello di Grazzano Visconti».

Va bene: ammetto di essere di parte. Credo di avere accennato spesso alla mia predilezione per i gatti e non è un mistero che mi sono sottomesso al volere di quattro di loro che, oggi, mi accordano il privilegio di servirli. Nonostante questa evidente partigianeria, trovo che quel «non bastavano» sia fuori luogo, uno sbaffo stilistico, nonché uno sgarbo formale, che i gatti non meritano. Vero è che ci sono temi e problemi, malattie e soggetti ben più urgenti e drammatici cui dedicare le giornate - o i Festival -, ma non si vede perché questo onore, concesso ai felini, debba provocare la reazione di chi vede la goccia far traboccare il proverbiale vaso.

E se il tempo ufficialmente dedicato al gatto fosse l’occasione per riflettere, tra noi umani, sulla capacità di concedere affetto senza aspettarsi nulla (di prevedibile) in cambio, di misurare il nostro potenziale di interesse per il fascino e l’acume della nostra percezione del mistero? Sarebbe tempo speso bene e quello, caro redattore, non “basta” mai.

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