Il treno del decoro

Assisto, grazie a un video pubblicato su YouTube e ripreso da quasi tutti i siti d’informazione, alla dissennata e tuttavia sistematica devastazione di un convoglio Trenord da parte di due organismi multicellulari e penso, come ovvio, al Giappone.

Più precisamente penso alle macchinette automatiche per la vendita di bibite (e di un’infinità varietà di altri articoli): la tecnica commerciale di cui il Giappone detiene il record del mondo in fatto di numero e qualità.

Un articolo apparso online sul blog Kotaku illustra lo straordinario successo delle macchinette automatiche a Tokyo e dintorni. L’invasione incominciò nel 1888 con l’installazione del primo distributore di sigarette per proseguire in una marcia inarrestabile che ha portato in ogni angolo del Paese le vetrinette illuminate dalle quali, in cambio di qualche yen, si possono ottenere bibite ma anche bevande alcoliche, snack ma anche frutta, noccioline tostate ma anche pane fresco.

Nei paesi più piccoli, le macchinette vengono poi sostituite da un altro tipo di distribuzione automatica, ancor più sorprendente. Agli angoli delle strade si scorgono delle capannucce nelle quali, al mattino, il venditore deposita frutta e verdura per andarsene poi per i fatti suoi. La sera, passerà a ritirare l’incasso sicuro di trovare l’equivalente in denaro della merce prelevata.

L’articolo, giustamente, si preoccupa di sottolineare come il successo delle macchinette in Giappone non sia dovuto solo alla convenienza economica, come accadrebbe da noi, ma anche a quella sociale ovvero, come diremmo con formula usurata, “di servizio”. Personalmente ritengo che il successo delle macchinette sia legato laggiù anche al fatto che il sistema esclude dalla transazione quel contatto umano formale che in Giappone è sempre vissuto con un sovrappiù di vigilanza e di rigidità. In ogni caso, dimostra che vivere civilmente, senza tante balle e ostentazioni di virtù, si può. O, nel nostro caso, si potrebbe, se il treno del decoro non l’avessimo sfasciato già da tempo.

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