Io e poi io

Tra i tanti articoli che parlano di guerre, profughi, morti soffocati, corruzione, violenza e povertà ieri ne ho trovato uno che, finalmente, si occupava di un argomento interessante. L'articolo, infatti, parlava di me.

Non proprio di me, non del soggetto il cui nome vedete riportato in relazione a questo testo. Parlava piuttosto del mio “io” che pur essendo uno dei tanti “io” in circolazione, trattandosi appunto di un “io”, non è interessato agli altri ma solo a se stesso. Quanto il mio “io” - e anche il vostro – sia interessato solo e soltanto a sé non ce ne rendiamo neppure conto. Per averne un'idea si potrebbe tentare un esperimento. È semplice: basta prendere una coppia e interrogarne i componenti in separata sede. Domanda-tipo: quante volte lei, signor marito, prepara la colazione; quante volte lo fa lei, signora moglie? Le risposte sono sorprendenti: se la moglie sostiene di preparare la colazione l'80 per cento delle volte, il maritò dirà che se ne occupa almeno per il 60. È chiaro che uno dei due mente: molto probabilmente tutti e due. Non per malizia, ma per una naturale tendenza a sovrastimare i nostri contributi.

È questo solo un esempio di come ognuno di noi viva la sua vita incapsulato in un “ego” che gli impedisce di vedere le cose come stanno. Se “tutto va bene” è perché per un momento la realtà sembra allinearsi alle nostre personali esigenze; se “tutto va male” qualcosa si ostina invece a ignorare il nostro benessere. Le cose, naturalmente, non accadono per noi o contro di noi. La realtà perlopiù ci ignora e gli altri appartengono alla realtà. Purtroppo, i media che oggi ci permettono di comunicare sono orientati a sfruttare il nostro “io” - diamo la caccia ai “like”, la nostra faccia ci piace al punto che ce la fotografiamo da soli - e i prodotti in commercio promettono di farci risaltare nella folla. Bisognerebbe avere l'accortezza, nel recepire ogni messaggio diretto e indiretto, di ripetersi: “Non stanno parlando di me”. Ma forse anche questa sarebbe un'indulgenza catastrofica: il nostro “io” è sempre in cerca di compassione.

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