La figlia del bikini

In questi giorni in cui il tempo si comporta da calzino - rovesciandosi più volte nel giro di poche ore - qualcuno resiste indomito e rifiuta di passare ogni momento dalla maglietta all’impermeabile, dal prendisole al maglioncino. Per questo qualcuno (o qualcuna?) non c’è che un capo d’abbigliamento possibile: il bikini.

Va detto che lo sfoggio del celebre costume avviene in un ambiente a temperatura controllata: quella delle homepage dei siti d’informazione. I quali, quest’anno, al consueto profluvio di celebrità seminude, hanno aggiunto una variante curiosa: le foto delle figlie seminude delle celebrità seminude. Non farò esempi perché non sono sicuro di poter azzeccare i nomi (la mia generazione ha perso il segno nel Libro della fama corrente) ma, per chi volesse, non sarà difficile constatare che è così. Il bello è che i siti, specie quelli che fanno riferimento a giornali importanti, non si accontentano di pubblicare le foto delle figlie seminude ma imbastiscono pistolotti sociologici sulla fama “di riflesso” che tocca le suddette figlie, fama alimentata da social come Instagram, e infine dai giornali di cui sopra. In tutto ciò dimenticando che c’è sempre la scelta di non pubblicare, non alimentare, non grattare ogni curiosità appena essa si presenta.

Tra la censura (sempre negativa) e la discrezionalità professionale passa un abisso. Quello che ci dà il tempo di comprendere che non necessariamente ogni cosa si deve “vedere”, non tutto è necessario e, soprattutto, che la stupidità non è inevitabile.

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