La luce del suono

C’è un’esperienza che ormai risale a qualche anno fa - facciamo quindici, ma forse anche venti - che, pur se non particolarmente avventurosa, ricordo con sgomento: l’esperienza del buio assoluto.

Accadde nel corso di una visita a una grotta sotterranea: il percorso studiato per i visitatori, tra una stalagmite, una stalattite e un laghetto in profondità, era ovviamente illuminato da lampade elettriche. Arrivati a metà percorso circa, la guida invitò tutto il gruppo a prepararsi: avrebbe spento le luci per qualche secondo. Un clic e divenne tutto nero. Quando dico tutto, intendo proprio tutto. A quella profondità e a quella distanza dall’imboccatura della grotta non un singolo elettrone era in grado di penetrare, non una singola onda elettromagnetica riusciva a sciabordare sulla spiaggia delle pupille. Risultato: il buio assoluto.

Nessuno di noi è abituato al buio assoluto: perfino di notte in una stanza chiusa qualcosa del chiarore esterno, per quanto poco, ci raggiunge e mantiene attivi i nostri sensi. In mancanza di quel poco, boccheggiamo smarriti.

Stessa cosa, apprendo, accade quanto si entra in una stanza del silenzio. A scopo di ricerca, alcune Università hanno approntato locali perfettamente insonorizzati. Ho scritto “perfettamente” per rendere l’idea, ma si tratta di un errore: al contrario del buio, il silenzio assoluto non esiste. La presenza stessa del nostro corpo, già disturba il silenzio: basta il respiro, il battito del cuore perfino, e non occorre metterci dell’altro come voi, maliziosamente, andavate pensando.

Ebbene, a detta di chi ha visitato una stanza del silenzio, l’esperienza è straniante. Noi siamo abituati a contare su una rete di riferimenti acustici che ci consente di orientarci in uno spazio, una rete che ci colloca, attivi e attenti, in un ambiente. Il rumore serve come ci serve l’aria. Per questo, dovremmo considerarlo con più tolleranza, e anche quando il prossimo esprime l’uscita più inutile o irritante - “Perché non guardiamo ’Ballando sotto le stelle’, stasera?” - dovremmo ringraziarlo: ci tiene a galla nella luce del suono.

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