L’avevo riconosciuto

Ora sappiamo chi è il “troll”. Beh, non proprio: ancora ci manca nome, cognome e indirizzo. Questi dati, tra l’altro, sta generalmente alla polizia postale recuperarli.

“Sappiamo” chi è il “troll” nel senso che finalmente uno studio è andato a fondo sulla materia. Parrà strano, vista la vastità e l’oggettiva pericolosità del fenomeno, ma sugli “odiatori” da Rete mancavano ancora riscontri psicologici approfonditi. A colmare la lacuna, un gruppo di ricercatori australiani, arrivato a conclusioni interessanti. Punto primo: la grande maggioranza dei “troll” sono uomini. È tra il sesso maschile che si riscontra con più frequenza quel sostrato di psicopatia necessario alla formazione di un buon “troll”. Essere psicopatici però non basta: occorre sviluppare anche una forma di empatia. Proprio così: di empatia.

I ricercatori spiegano che chi tende a considerare questa caratteristica in termini positivi si riferisce abitualmente all’empatia “affettiva”, che consente di immedesimarsi nei sentimenti del prossimo. Il “troll” disporrà invece di empatia “cognitiva”, quella che gli permetterà di riconoscere i sentimenti altrui ma, lungi dall’esserne coinvolto, finirà per sfruttarli a fini sadici. Maschio, psicopatico e dotato di empatia “cognitiva”: ecco un buon ritratto del “troll”. Che in fondo è il caro vecchio bullo, dotato di un istinto infallibile per tormentare la gente là dove sente più disagio. Mi sembrava di averlo riconosciuto.

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