Le parole di Koko

E' legittimo parlare di scimmie oggi che, a giudicare dai tg, il mondo sta praticamente raggiungendo la tanto temuta Apocalisse? La risposta è sì. La ragione è che non sta arrivando nessuna Apocalisse. E' probabile, ma neanche tanto, che in un prossimo futuro qualcuno di noi dovrà cambiare abitudini e stile di vita per adeguarsi a certi cambiamenti in corso, ma non c'è nulla che minacci di incenerirci prima dell'ora di cena. Sarebbe dunque il caso di dedicarci meno a ciò che incute paura per abbeverare la mente con qualcosa che, al contrario, potrebbe interessarci e stimolarci.

Dicevo delle scimmie. Mentre io e voi passiamo il tempo a preoccuparci, qualcuno continua a studiarle con attenzione. In particolare, c'è chi si dedica a comprendere se e come esse potrebbero sviluppare un linguaggio vocale. In altre parole, se è possibile che imparino a parlare. Fino a oggi la cosa è stata esclusa: il linguaggio, si è detto in mille teorie mai smentite, appartiene alla specie umana. Ecco perché vostra suocera, nonostante le apparenze, è un essere umano: tutte quelle chiacchiere non potrebbero provenire da un gorilla.

Oggi, però, qualcuno incomincia a mettere in dubbio questa certezza. La ragione dei ripensamenti si chiama Koko. Trattasi di un gorilla, ma di un gorilla speciale. Nessun altro esemplare della sua specie è infatti rimasto tanto a lungo in contatto con gli uomini: 40 anni filati. Ebbene, se Koko durante tutto questo tempo non è diventato un chiacchierone, almeno ha dato segno di essere interessato a sviluppare una forma di linguaggio che fa di suoni volontariamente modulati una componente essenziale. Già bravo a esprimersi a gesti, Koko sembra in sforzarsi di codificare certi messaggi anche vocalizzandoli. Questo ha naturalmente sorpreso gli studiosi, fino ad oggi aggrappati alle teorie di cui sopra. Ciò che questi signori non dicono è che, più che altro, Koko sembra sempre sul punto di dirci qualcosa, ma poi rinuncia. Ed è questo, e non i tg catastrofici, a doverci per davvero preoccupare.

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