Leggere e basta

Buone notizie per chi legge, specialmente se è giovane, addirittura giovanissimo, e questa abitudine, pur contratta da poco, gli è già diventata cara e preziosa e se, pensando alla propria vita, non riesce a immaginarla se non accompagnata da uno o più libri, da uno o più giornali.

Le buone notizie di cui sopra possono essere sintetizzate in un annuncio: chi legge fin da giovane vivrà a lungo, sarà più intelligente e, in generale, più realizzato sotto il profilo personale e professionale. Acchiappare un Harry Potter (anche se personalmente, in fatto di letteratura per l’infanzia, io preferirei avventarmi su George McDonald, Roal Dahl e Astrid Lindgren) equivale per un ragazzo a investire su se stesso, sul suo futuro e ad allontanare la prospettiva di diventare, da adulto, membro del gruppo parlamentare Movimento di responsabilità nazionale.

Lo ha dimostrato uno studio ripreso di recente da molti mezzi di comunicazione: per la prima volta una ricerca ha potuto mettere in diretta relazione l’abitudine alla lettura alla migliore educazione e questa a una vita, in media, più soddisfacente.

Credo che il risultato dello studio abbia sorpreso e interessato tutti tranne i lettori di lungo corso. Costoro hanno da subito saputo che leggere era la cosa giusta da fare. Non appena chiuso il primo libro, usciti dalla lettura come dal sogno si esce alla luce accecante, un po’ felici e un po’ malinconici, hanno subito chiesto che si passasse loro un altro volume. Non c’era, in questa brama, la consapevolezza che leggere fosse un investimento, che il coltivare questa abitudine potesse rispondere a un interesse materiale: leggere rispondeva semplicemente a un’esigenza di vivere più in grande, di godere di altre vite così come si gode della propria, di orientarsi in una geografia della narrazione così come ci si orienta in quella della natura. Che ci fosse un tornaconto concreto e personale non lo sapevamo e siccome siamo gente intelligente ed educata, neppure ci interessa saperlo.

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