L’eterno presente tra la Luna e Shirley MacLaine

Tra gli effetti neanche tanto collaterali della massiccia assunzione quotidiana di Internet cui ormai siamo assuefatti, merita forse di essere segnalato l’eterno presente nel quale esso sembra tenerci a galla. Non perché la Rete sia davvero in grado di fermare il tempo (questo fenomeno accade solo quando la squadra del cuore vince 1-0 e gli avversari attaccano come forsennati), ma perché estraendo frammenti dal passato e buttandoli a getto continuo nel presente (magari facendo addirittura allusione al futuro), confonde i confini tra ciò che è accaduto, sta accadendo e, in qualche misura, ciò che accadrà.

In fondo, nella Rete tutto è immateriale, e lo sfocato allunaggio del 1969, che ripetiamo a piacimento su YouTube, potrebbe benissimo essere accaduto ieri, oppure appartenere a una “diretta” televisiva. Di “storico”, in esso, è rimasta l’etichetta che ci compiacciamo di applicarvi, quasi per dovere: mancando la ricerca in un archivio, il contatto delle dita con un giornale d’epoca, la testimonianza di qualcuno che, mostrando i segni del tempo sul suo volto, garantisca che in effetti è trascorso quasi mezzo secolo, l’allunaggio, così come l’attacco alle Torri Gemelle, l’entrata dell’armata rossa a Berlino e l’incendio dell’Hindenburg, appartiene a un ventaglio quasi infinito di cartoline senza data, di fotogrammi connessi tra loro come in una grande moviola casuale.

Ecco: forse più che scomparso il tempo si è appiattito e le abituali definizioni assegnate agli eventi che in esso scorrono (attualità piuttosto che storia) si confondono in una sola.

C’è chi questo calderone continua a chiamarlo Storia, proprio con la S, maiuscola e, ogni giorno, ne distribuisce svariati frammenti, senza criterio cronologico o discernimento critico. A ogni ora, più “tweet” o “post” tratti da ciò che, un tempo, avremmo chiamato archivio: la giornata incomincia con una fotografia di marines impegnati in un combattimento nel Pacifico, continua con l’unica immagine esistente di Billy the Kid e finisce con uno scatto di David Bowie nella metropolitana di Tokyo, anno 1980.

Starebbe a noi rimettere tutto a posto, consegnare le immagini al giusto tempo, collocarle nello scenario opportuno e assegnare loro, infine, un ponderato “peso” storico, ma non c’è tempo, perché stimolo chiama stimolo e la sarabanda riprende subito: i costumi da bagno di moda nel 1950, una rara inquadratura della conferenza di Yalta, una famiglia americana negli anni della Depressione, un prototipo di asciugacapelli «circa 1920», un gruppo di hippy a Piccadilly Circus, Joe Strummer a Milano nel 1981, una giovanissima Shirley MacLaine e Hitler che passa in rassegna un reparto di Ss.

Il tutto scelto senza apparente criterio o, molto probabilmente, sulla base di un criterio soltanto: la ricerca del curioso, dell’insolito, del “fuori contesto”, del poco o mai visto. Nulla che stimoli, da parte nostra, una ricerca intellettuale o cognitiva: la Rete si accontenta di cullarci su un’infinita serie di sobbalzi emotivi. Ci si rammarica, poi, che l’uomo non abbia memoria del suo passato: come potrebbe essere altrimenti se, già creatura smemorata per conto suo, oggi non dispone neppure più dello spazio temporale in cui collocare, e ordinare, ricordi e conoscenze.

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