L’unica casa

«Il Paese non entri nell’età dell’ansia» ha detto ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sembra il pacato consiglio di un nonno, figura alla quale - con le notabili (anche se diverse) eccezioni di Cossiga e Pertini - i presidenti hanno sempre voluto ispirarsi. Il “Colle”, come si diceva una volta nelle note politiche, si è quasi sempre attenuto a un tono flemmatico, perfino soporifero: la voce dello Stato che è - o vuol far credere di essere - saggio, riflessivo, bonario. Mattarella ha indubbiamente ripreso questa tradizione, ma temo che il suo ammonimento sull’ansia arrivi, come si dice, a buoi scappati.

Viviamo già nell’età dell’ansia e non solo perché abbiamo ragioni concrete per essere ansiosi. Secondo il dizionario, l’ansia è uno «stato di agitazione, di forte apprensione, dovuto a timore, incertezza, attesa di qualcosa». In altre parole, l’ansia equivale a una tormentosa attesa: i nostri nervi rimangono collegati con l’esterno - il mondo che ci circonda - nell’aspettativa di un evento catastrofico o comunque nocivo la cui possibilità, imminente o meno, ci viene suggerita dalla nostra interpretazione dell’esperienza. Il problema, oggi, è che il raggio d’azione dei nervi è molto più ampio che in passato e la velocità con cui essi accolgono gli stimoli infinitamente più alta. L’“esperienza” si è dunque estesa, ingigantita.

Appena tre giorni fa, per dieci minuti divenne notizia sui Tg e sui siti di tutto il mondo il fatto che un adolescente belga si fosse sporto dal balcone di casa con un fucile giocattoli gridando: «Sono un terrorista». Solo un inopportuno burlone, ma intanto la scossa d’ansia era arrivata dritta dal Belgio al nostro cuore, in pochi secondi. Oggi viviamo col sistema nervoso collegato alla rete, il che ci fa testimoni di tutto, dappertutto: siamo a Nizza e a Rouen, siamo a Monaco e in Belgio, siamo là dove tutto accade e anche là dove niente succede. Sappiamo tutto ma non abbiamo modo di distinguere il vero dal falso, siamo ovunque e da nessuna parte. L’ansia è l’unica casa che abbiamo.

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