Morti digitanti

Questo spazio ha, per me, un grande vantaggio. Così isolato dal resto del notiziario, definito da una testata largamente evocativa e perfino dalla mia faccia tratteggiata a matita, annuncia con chiarezza a chi legge - ovvero a 2,5 lettori - che qui non troveranno un contenuto puramente giornalistico. O meglio, ci potrà anche essere uno spunto informativo, per carità mica che faccia schifo, ma l’autore, così ben identificato e ristretto in uno spazio anomalo, già annuncia di sentirsi in libertà di andare oltre, speculare, immaginare, qualche volta fare il buffone e, sopra ogni cosa, sognare.

Facciamo un esempio. Tra le notizie più curiose arrivate in questi giorni all’attenzione dei media c’è quella, triste invero, del tizio morto dopo aver passato tre giorni a smanettare con un videogame. Posso già dirvi che secondo me l’assurdità e la ridicolaggine di questa fine ne accentuano il gradiente tragico, ma prima di ogni altra considerazione passiamo ai fatti.

L’uomo, 32 anni di età, è spirato in un Internet Cafè di Kaohsiung, la seconda città di Taiwan, dopo essere rimasto per tre giorni consecutivi davanti allo schermo di un computer, impegnato in un videogioco. Non è il primo caso; in un mese, a Taiwan, quella di Kaohsiung è la seconda vittima di questo tipo di maratone informatiche. Un’altra persona è morta qualche tempo fa, questa volta dopo cinque, e non tre, giorni di apnea al computer.

Della notizia mi ha colpito non tanto la sua evidenza tragica, ovvero l’atteggiamento sempre più futile e sconsiderato dell’umanità nei confronti della vita, quanto il fatto, riportato dalle cronache locali, che a lungo, per ore e ore, nessuno nel bar si è accorto che l’uomo era morto. «Spesso lo vedevamo accasciarsi sulla tastiera quando era stanco. Faceva un sonnellino, poi ripartiva».

Ed è qui che il sottoscritto si abbandona, senza autorizzazioni e senza regole, alle suggestioni più bizzarre. Come questa: secondo la vostra esperienza, dietro alla tastiera di un computer quanta gente è già morta e noi ancora non ce ne siamo accorti?

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