Paura in altalena

Dovremo deciderci una buona volta se è il caso di avere paura di questi balordi dell’Isis (dico “balordi” per ottenere una sorta di effetto ironico, ovvero un alone di sarcasmo disincantato: va da sé che sono molto peggio) perché questo terrore a corrente alternata, in saliscendi, distratto e articolato, non ci fa bene e finirà per renderci ridicoli.

Non ritengo giusto che la nostra ansia - per la quale in fin dei conti spendiamo tante energie: cardiache, mentali e morali - sia legata all’andamento, simile a quello (irrazionale) delle Borse finanziarie, del flusso informativo globale.

Arriva un nuovo video dell’orrore e l’Isis scala, anche fisicamente, la piramide delle nostre paure. I telegiornali gli dedicano il primo titolo, i giornali confezionano pagine su pagine e, soprattutto, i siti d’informazione mettono la notizia “in testa”. In questo momento la paura è al massimo: già vediamo il tagliagole avvicinarsi sotto casa. Poi, qualcosa accade: i siti, si sa, vanno “rinfrescati”. Sopra quella sull’Isis l’invisibile redattore piazza la notizia del debito greco, la polemica su Landini, gli Oscar, un gol in fuorigioco e, non ci sta mai male, una tetta della Canalis. Sopraffatto, letteralmente, da queste notizie meno sanguinolente l’Isis perde in forza terrorizzante: diventa un babau di seconda categoria, quarta fascia e ultimo livello. Nei siti “galleggia” accanto al link per le dieci migliori ricette con il coniglio e il video di Alfano che balla sulle note dei Village People.

Nuova minaccia, nuovo video, nuova avanzata, nuove voci di orrori indicibili e la tendenza si inverte. La notizia torna al primo posto e, con essa, cresce l’ansia, s’intensifica la rabbia, prospera il bubbone dell’intolleranza e domina la paura. Non sappiamo più se lo spavento ha una ragione oggettiva, e quanto oggettiva: esso è legato, più che alla razionalità, al flusso dell’informazione che deve costantemente rinnovarsi a dispetto di logica e interesse. Certe volte, quando la paura bussa, vien da dire: «Canalis, abbi pietà: fuori una tetta e non se ne parli più».

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