Questione di fortuna

Prima di tutto, una corsa al vocabolario per capire di che cosa stiamo parlando. Ecco le definizioni: « 1 - Nome di un’antica divinità romana, personificazione della forza che guida e avvicenda i destini degli uomini, ai quali distribuisce ciecamente felicità, benessere, ricchezza, oppure infelicità e sventura. 2- In senso più astratto: la sorte, intesa soggettivamente, in quanto cioè si mostri benigna o maligna, mandando agli uomini quanto può determinare la loro felicità o infelicità».

La parola cercata è, evidentemente, “fortuna” e la ragione dell’improvvisa necessità di circoscriverne i contorni linguistici sta nel fatto che, qualcuno, ora si dice in grado di «costruirla», il che vale a dire influenzarla, volgerla a nostro favore in modo costante e, dunque, in ultima analisi violentarla, perché a essa, fino a prova contraria, si sono sempre attribuite sostanziali, genetiche, qualità di volubilità e intermittenza.

Sulla sorte e su come domarla sono state scritte pagine e pagine nel corso dei secoli. Dunque, non ci sarebbe alcuna novità, oggi, se non fosse che il nuovo domatore della fortuna, un professore americano di nome Richard Wiseman (il cognome sta nientemeno che per “Uomo saggio), assicura che il suo è un approccio del tutto scientifico.

Secondo i suoi studi, la fortuna umana si controlla e si piega in quattro semplici passi: 1) cogliendo ogni occasione di cambiamento, 2) dando retta all’istinto, 3) coltivando l’ottimismo, 4) volgendo la cattiva in buona sorte, ovvero concentrandosi sul contesto più grande e non sull’occasionale infortunio.

Quattro consigli che, più che frutto di rigorosa ricerca, sembrano attinti dal comune buonsenso e, come tali, validi e fumosi insieme. Ma Wiseman li ha messi in un libro (“The Luck Factor”, Il Fattore Fortuna) che ora va promuovendo a più non posso. Senza rendersi conto che, se sarà un successo, lo dovrà in parte alla fortuna.

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