Riconosciamolo: nessuno ama l’Europa. Intesa, ovviamente, come entità politica: in quanto area geografica spero bene che qualcuno ancora maturi in petto sentimenti generosi per questo vecchio suolo ricco di storia. Se però parliamo di Unione europea, ben pochi si lasciano andare ad accenti di entusiasmo: a fronte di chi la odia, e la accusa di ogni possibile nefandezza, qualcuno la difende argomentando che in fondo è il male minore, l’unica speranza per affrontare il turbolento mare della globalizzazione. Tutti insieme per forza, insomma: mai per amore.

L’Europa, invece, pensa a noi. Il problema è che noi non lo sappiamo. Un esempio: quanti erano informati che, proprio ieri, la Commissione europea intendeva sciogliere un nodo importante come la formazione del nuovo ufficio di consulenza scientifica? Nessuno, ovviamente, perché parlando di Europa, da noi, si va a intervistare Salvini o Renzi, Di Battista o Vendola: tutta gente che se vede uno scienziato al massimo pensa sia un tipo in grado di fare le divisioni senza calcolatrice.

Sulla scienza, l’Europa ha invece programmi precisi. L’idea è quella di mettere insieme un gruppo di scienziati al massimo livello: premi Nobel e così via; professori che, se un Gasparri passa in laboratorio, lo ficcano sotto il microscopio per scoprire che cosa l’ha ridotto così.

Il loro compito sarebbe quello di “consigliare” la politica. Non di comandarla, si capisce, perché quello, se possibile, spetterebbe ancora a noi che esercitiamo il diritto di voto, ma di “informarla”, cosa più che mai necessaria oggi in cui la scienza più avanzata si è da tempo lasciata alle spalle, intellettualmente, la gran massa di noi, pochissimo informati sulle possibilità,e sui rebus morali, che essa ci sottoporrà nel prossimo futuro. Spero che l’Europa scelga bene e che, una volta scelto, presti ascolto ai consigli della scienza. Essa, qualche volta, può far paura, è vero, ma mai quanto l’infetto “senso comune” che, troppo spesso, certa politica spaccia per verità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA