Se una barca diventa monumento continua a galleggiare?

«CROTONE, 13 MAG - L’Agenzia delle accise, dogane e monopoli ha consegnato al Comune di Crotone il relitto di una imbarcazione utilizzata dai migranti per approdare sulle coste italiane al fine di realizzare un monumento dedicato alle persone morte durante le traversate e a testimoniare il valore dell’accoglienza».

Devo confessare la mia avversione - forse è troppo: diciamo meglio “diffidenza” - nei confronti dei monumenti. Spesso, in viaggio, mi sono trovato al cospetto di manufatti in pietra o in marmo, agglomerati di bronzo, cippi, targhe, busti e statue equestri. Ogni volta il sentimento è stato lo stesso: noia, estraniamento, perfino impazienza. Comunque, mai e poi mai coinvolgimento. I lineamenti di personaggi storici, scolpiti in marmo o fusi nel bronzo, mai hanno aggiunto qualcosa alla mia conoscenza delle loro vite, delle loro azioni, della morale dell’una e delle altre. E quei trionfi di solidità sistemati al centro delle piazze, quei macigni il più delle volte ridotti a spartitraffico? Mi sembra che spesso svolgano una funzione equivalente ai soprammobili del salotto: più che altro li sopportiamo, quasi sempre non li “vediamo” più, coperti come sono dalla polvere dell’abitudine. Non di rado ci tocca tollerarli in virtù di qualche legame familiare: «Un regalo della cugina», «La maschera veneziana regalata da zia Adele».

Un peschereccio, a Crotone, aspirerebbe a ricordarci, con la sua immobilità nel bel mezzo dello scorrere del tempo, la tragedia dinamica delle migrazioni. L’agenzia Ansa, il cui incipit ho riportato sopra, aggiunge che «il relitto consegnato al Comune è un peschereccio di dieci metri denominato “San Nikolaos” dal quale, il 22 marzo 2020, sono sbarcati a Crotone 14 migranti di nazionalità curdo-irachena e curdo-iraniana. L’imbarcazione fu sequestrata dalla Guardia di finanza e successivamente affidata all’Agenzia delle dogane». La trasformazione in monumento avverrà attraverso la mediazione di un artista - Massimo Sirelli - al quale è affidato il compito di trasformare un oggetto di forma compiuta e utilitaristica, la barca, in un simbolo. Ovvero, secondo la definizione coniata da Carl Jung, in «un’immagine adeguata a indicare il meglio possibile la natura oscuramente intuita dallo spirito». Sempre secondo questa concezione, il simbolo in sé non dice né spiega nulla: semplicemente rimanda ad altro, innesca un’associazione che altrimenti rimarrebbe inerte, riporta a galla una forma emotiva destinata a giacere sul fondale buio dell’inconscio.

Riuscirà il peschereccio “trattato” artisticamente da Massimo Sirelli a indicarci la natura, «oscuramente intuita dallo spirito», della migrazione? Non il dato di cronaca, che sappiano o dovremmo sapere, non la sintesi storica - che verrà poi - ma il sentimento più vero, fatto di paura, straniamento e speranza che accompagna chi emigra, oggi come ieri e probabilmente anche domani. Me lo auguro per Sirelli, per Crotone e soprattutto per i migranti, in modo che la loro presenza rimanga visibile e non sia non ridotta a vuoto di pietra come capita agli eroi di cui i monumenti nascondono il ricordo nel modo più efficace possibile: lasciandolo negli anni in piena vista.

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