Segnale di speranza

«TARANTO, 09 DIC - È di due feriti, uno dei quali grave, il bilancio di una rissa avvenuta all’interno di una sala slot, a Taranto. Un uomo di 35 anni, probabilmente in preda all’alcol, ha dato in escandescenza iniziando a danneggiare le slot machine e a disturbare alcuni avventori. La lite è così degenerata».

Di notizie così, si dirà, son piene le pagine dei quotidiani locali e il fatto che l’agenzia Ansa abbia trovato il tempo di registrarla nel suo bollettino pugliese è da attribuire allo scrupolo del cronista nel raccontare tutto ciò che accade anche se non si discosta dall’ordinario.

Perché, allora, riempire anche questo angolino con una notizia che, nella sua tristezza, non dice nulla di inedito e non illumina di nuova luce la società in cui viviamo? Perché, secondo me, racconta la trama di un piccolo film che nessuno vuol vedere anche se si svolge in uno dei luoghi più significativi del presente: una sala slot.

Non voglio affatto esercitarmi in un pistolotto contro il gioco d’azzardo, né disputare sulle ambiguità dello Stato che ricava introiti da quella che è, a tutti gli effetti, una malattia individuale e sociale e dunque non mi sentirete tromboneggiare contro presunti «luoghi di perdizione», anche perché per i «luoghi di perdizione» propriamente detti provo, in eguale misura, stima e interesse. Non fosse altro perché offrono una scelta, magari non auspicabile, ma libera, e comunque, nel loro anticonformismo, rappresentano pur sempre laboratori di viva umanità.

Le sale di cui sopra non offrono invece alcuna «perdizione»: sono piuttosto luoghi del nulla assoluto, polverosi dentro e fuori, equivoci senza essere provocanti, nocivi senza arrivare a essere liberatori. Ancora: non voglio giudicare nessuno, però mi chiedo a quali rinunce di vita, a quale soppressione di interessi si debba arrivare per chiudersi lì dentro. Al punto che avere notizia di un tale in grado di dare in «escandescenza» dopo aver soggiornato in una sala slot, mi sembra tutto sommato un segnale di speranza.

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