Senza Principe

Ricordate “Il Principe” di Machiavelli? Certo che sì: a scuola ci siamo imbattuti in quella sua prosa elaborata. Superato l’ostacolo delle interrogazioni in noi son rimasti un luogo comune (“Il fine giustifica i mezzi”) e un aggettivo - “machiavellico” - che assume vari significati a seconda delle immediate esigenze: da “complicato” a “perfido”, perfino “crudele”.

All’estero, e in particolare nei Paesi di lingua inglese, il buon Niccolò è invece ben presente nella coscienza di molti e il suo famoso testo sulla ragion di Stato viene citato e commentato a ogni pie’ sospinto. Questo perché, come scrive Scotty Hendricks in un bell’articolo online, Machiavelli è proprio il classico tipo che ci piace odiare, enfasi sul verbo “piacere”.

La sua implicita affermazione della politica “efficace” su quella idealistica, la sua raccomandazione che il leader – leggasi, il Principe – faccia ricorso, alla bisogna, a sistemi tanto duri quanto sbrigativi, urta contro il nostro innato (?) idealismo, ma suscita nel contempo ammirazione: questo è un tipo che sa come va il mondo. Per Machiavelli – non è Hendricks a dirlo, sono io – proviamo la stessa sgomenta attrazione che ci lega a Frank Underwood di “House of Cards”. Sappiamo che è – pardonnez mon français – un bastardone, ma un bastardone di successo. Amiamo i suoi trucchi e ci sorprende, e anche un po’ ci umilia, la facilità con cui scavalca linee morali alle quali noi non ci sogneremmo di avvicinarci.

Insomma, noi amiamo Frank Underwood e gli americani ricambiano applaudendo Machiavelli, con la stessa formula di ammirato rigetto. Forse sia là, oltreoceano, hanno lo stesso problema che ci affigge qui: abbiamo tutti rinunciato all’idealismo, e va bene, ma vorremmo almeno un leader che, per quanto cinico e amorale, sappia far bene il suo lavoro. Invece ci ritroviamo con gente priva di ideali, di scrupoli e, per di più, incapace. Tipi per i quali Machiavelli non avrebbe mai alzato la penna.

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