Agassi e la storia delle famiglie oppressive

Agassi e la storia delle famiglie oppressive

Il libro di Agassi è il miglior modo per far pace con la propria famiglia. O almeno rassegnarsi e scoprire che non si è da soli. Tutte le famiglie sono uguali. Oppressive, opprimenti, soffocanti e ossessive. Con la scusa che, alla fine, lo fanno per il tuo bene, i parenti sono i più grandi nemici che ciascuno di noi possa avere sulla faccia della terra da quando nasce a quando muore.

Da un estreaneo ci si può difendere, ma da un padre irascibile e violento che vuole trasformare un bambino in un campione di tennis no. Da un nemico si può anche fuggire, ma non da un padre o una madre che hanno deciso di far di te il prolungamento della propria vita. Se un genitore si fissa e vuole che un figlio diventi migliore di lui, è la fine. E' la fine perchè non vede il figlio. Ma quello che deve diventare per riscattare il padre.

Agassi ha un modo di raccontare distaccato così la sofferenza che ha dovuto patire per giocare contro il drago sputapalle inventato dal padre si sente ancora di più.

Non odia il padre, odia il tennis. Ma il padre e il tennis sono la stessa cosa. Uno l'ossessione dell'altro. E Agassi li teme entrambi. Agassi diventa un soldato già dall'asilo. Un soldato su un campo da tennis. L'unico modo per farsi volere bene dal padre. E, anzi, come scrive lui “ l'unica alternativa possibile”. Gioca a tennis perché non gli hanno permesso di fare altro. Ma non è come Sampras al quale ha sempre invidiato «la sua ottusità». Agassi si massacra di ragionamenti, più ancora che di allenamenti imposti dal padre. Non riesce a smettere di pensare, forse proprio perché suo padre vorrebbe impedirgli di farlo. La mamma di Agassi è come tante mamme. Sta sullo sfondo con la sua dolcezza. Sopporta il padre e anzi pensa che sia fatto così e vada accettato, lavora tutto il giorno e la sera si sdraia a letto con un libro o il puzzle. Dalla mamma Andre Agassi erediterà la dolcezza e la donna che gli farà far pace con la vita è Stefy Graff. Quando lui scende in campo, con la sua schiena rotta e i piedi massacrati dai calli  fasciati da un fisioterapista, lei lo guarda come se volesse dirgli un sacco di cose. Ma ne dice una soltanto: «Vai e fagli vedere chi sei».

«Questo è il motivo per cui ho finito per dipendere da mia moglie più dell’aria». C’è sempre qualcuno che ti fa far pace con la tua famiglia. E a quel punto rinasci, come è successo ad Agassi. Resta solo da vedere cosa scriveranno i suoi figli di lui. Che non è violento, che dell’Iran ha sentito solo parlare il padre, che è diventato miliardario grazie al tennis. Ma è sempre un padre. Quindi vulnerabile. Perché è volendo il bene dei propri figli che si sbaglia.  Magari si lamenteranno solo del fatto che aveva la schiena troppo rotta per abbassarsi ad abbracciarli. Ma di qualcosa si lamenteranno. I padri di cui i figli non si lamentano mai si contano sulle dita di una mano. E a volte basta un solo dito.

 

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