Bertolaso, gli Usa e la fiera delle vanità

Bertolaso, gli Usa e la fiera delle vanità

Parla lui, che è sempre in prima linea in ogni missione. «Troppa spettacolarizzazione nei soccorsi». Il minimo che potesse fare era prendersi una bacchettata sulle mani da Hillary Clinton. «Non siamo abituati ai commenti del giorno dopo come succede per le partite. Sono chiacchiere da bar». Il segretario di Stato americano non ha gradito le accuse del numero uno della Protezione civile italiana Guido Bertolaso. In effetti era un po’ difficile digerire l’accusa di essere «un’ipocrita fiera delle vanità».
«Una situazione patetica che si sarebbe, quindi, potuta gestire molto meglio - ha criticato -. E invece di essere la prima volta che il mondo si mobilita e funziona bene, speriamo che sia stata l’ultima che il mondo funziona in questo modo».
Come se l’unico in grado di organizzare i soccorsi fosse lui, che a ogni tragedia italiana sfila a far vedere la sua bella faccia, spiegando cos’hanno fatto i suoi uomini e quanto prontamente e saggiamente e coscientemente hanno risolto tutti i problemi. Se proprio avesse voluto aiutare Haiti, o gli Stati Uniti a soccorrere Haiti, avrebbe anche potuto partecipare nell’anomimato, correggendo quelle storture che ha denunciato («Piantano il cartello con il nome della loro organizzazione e rilasciano interviste alle telecamere prima ancora di fare entrare in azione i cani per cercare altri sopravvissuti»).
E invece ha fatto lo stesso errore di chi accusava. In ogni caso ha messo tutti gli italiani in cattiva luce così che anche il ministro degli esteri Frattini si è affrettato a prendere le distanze da lui. Amesso che sia il re dei soccorsi, da oggi Bertolaso è anche il principe delle gaffe.

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