Una settimana da poveri

Una settimana da poveri

Con il bancomat smagnetizzato e la carta di credito che ha raggiunto il tetto, una settimana da poveri può capitare a tutti. Succede, di solito, dopo un mese da ricchi strisciando la carta di credito ovunque come se fosse una manciata di Prozac da ingoiare. Più la crisi diventa cruenta, più spendere fa star bene. Più i negozi chiudono per mancanza di clienti, più ogni acquisto si trasforma da peccato a opera di bene. Più si allunga la lista di disoccuppati, più comprare qualcosa sembra un antidoto al veleno del lavoro che manca. I disoccupati e i cassa integrati e gli esodati non sono numeri ma i nostri vicini di casa, i nostri amici magari, a volte perfino parenti. Persone che ieri avevano un lavoro e oggi l'hanno perso. Ma il mutuo o l'affitto devono pagarlo lo stesso, i figli li devono mantenere ugualmente, le bollette e le tasse le devono onorare comunque.
Ecco, chi ha ancora il lavoro si sente privilegiato e allo stesso tempo soffoca per le sorti altrui. Spendere diventa una terapia, automedicante, certo, ma anche collettiva. Visto che nei negozi lavorano persone, le stesse che potrebbero perdere il lavoro o chiudere bottega se le vendite continuano a crollare. Per non parlare di chi produce e potrebbe trovarsi da un momento all'altro in una ditta ieri florida e oggi in fallimento.
Ecco aiutare l'economia è divertente, ma controproducente.
I conti della carta di credito strisciata finiscono sul proprio conto, non su quello di Monti e dei suoi ricchissimi ministri. E alla fine la carta dice stop. A quel punto, con i pochi spiccioli nel portafogli, i buoni pasto, gli sconti a punti dei supermercati, i prestiti da mamma e sorelle, inizia la settimana da poveri. E le scene ai supermercati, facendo stornare il superfluo, creano panico. Chi segue in fila inorridisce. Le cassiere sono di una gentilezza esagerata, quando non spazientiscono contando i centesimi che ancora non bastano per arrivare al totale.
Ma chi sta dietro reagisce come se avesse di fronte un appestato. Nessuno è abituato alla povertà. Nè chi è povero per una settimana né chi lo diventa di colpo perdendo il lavoro. E' questa la cura alla quale dovrebbe pensare il Governo, aiutare i poveri. Non continuare a crearne per cercare di salvare un Paese, fatto di persone che stanno soccombendo.

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