ALTERINCOM, VOL. XXV

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Buona domenica,

in genere dedico queste righe all’avvenimento culturale della settimana, bello, brutto o emblematico che sia. A questo giro, invece, tocca parlare di un “non avvenimento”, che è la mancata assegnazione della Grande Mostra a Villa Olmo. Lucini si è poi dato dieci giorni di tempo per salvarla, ma bisogna capire da chi. Ora pare che la faccenda stia per risolversi (vedi qui). Intanto c’è un’altra mostra in corso a Villa Olmo: Miniartextil, anticipata proprio per cedere il passo alla GM, non solo ce l’ha fatta a tempo di record, ma da questo weekend godrà anche del più clamoroso lungo ponte degli ultimi (non so quanti, ma tanti) anni, in pratica da venerdì pomeriggio al I maggio. In bocca al lupo ragazzi! (anzi, ragazze, visto che tranne Mimmo e Caramel sono tutte balde fanciulle). Vi ricordo che Miniartextil è visitabileda martedì a domenica (quindi anche oggi) dalle 11 alle 19. Il giovedì chiude alle 23 (si entra fino alle 22). Il sito è http://miniartextil.it. Buona visita!

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ASCOLTI

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DAVIDE VAN DE SFROOS

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Goga e Magoga (Bat Records)

“Un neuronauta sulle soglie del caos”: così il cantautore comasco Davide Van De Sfroos defini- sce il suo originale ritratto sulla cover dell'imminente album Goga e Magoga. Il disco, che arriva a tre anni dal grande successo di Yanez sarà pubblicato martedì. Dice l’autore: “Il disco può essere serenamente definito visionario e bipolare, in un’epoca che con il bipolarismo e la confusione interiore ed esteriore ha imparato a convivere con apparente rassegnazione. Sotto il titolo di Goga e Magoga, detto popolare ormai in disuso ma ancora assolutamente attuale, si snodano le sedici canzoni che si dividono in otto più aggressive, ritmate e consapevoli su quello che siamo riusciti a diventare nel corso degli anni, dopo avere fatto il bello e il cattivo tempo... e otto più introspettive e mormorate, quasi a sottolineare la forza dolce del lato emotivo che da sempre ci sorregge e ci rende migliori di quello che pensavamo di essere. Musicalmente il disco non si pone confini o limiti, spaziando dalla ballata acustica ai flussi psichedelici e fortemente ritmati e contaminati, un sound generale tipicamente rock nel senso libero del termine che non tralascia gli ingredienti abituali del folk”.

NdA: metto la dichiarazione stampa ufficiale perché, tanto per tagliare pubblicamente la testa al toro, da qualche tempo a questa parte sto lavorando per il cantautore lariano e, quindi, sarebbe deontologicamente ributtante che io spendessi parole di elogio per codesto disco che è peraltro un capolavoro che si commenta da sé anche se non sarò certo io a dirvelo. Anyway, esce martedì 15 e non segnalare ciò sarebbe un delitto. Anyway, domani sera viene presentato a La Feltrinelli di via Cesare Cantù a Como e il mystero finisce


ARTISTI VARI

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Looking into you - A tribute to Jackson Browne (Music Road Records)

I dischi tributo sono spesso discontinui, magari con clamorose interpretazioni seguite da drammatiche cadute di tono, per non parlare di quelli che, per essere originali, decidono di stravolgere completamente l’originale trasformandolo in un ibrido che scontenta gli ascoltatori abituali suoi e dell’omaggiato. Beh, non è questo il caso. Questa doppia raccolta allinea superbe riletture di classici e perle minori di Jackson Browne – un grande negli anni Settanta scivolato, progressivamente (e ingiustamente), nelle retrovie – affidate ad amici come Don Henley (Eagles) e John David Southern, Bonnie Raitt (con David Lindley), Lyle Lovett, Ben Harper, Lucinda Williams, Marc Cohn fino a Bruce Springsteen in versione sposino latino con Patti Scialfa (quella che fa shopping in via Milano) per Linda paloma. Non solo per i fan di Jackson e, magari, qualcuno potrebbe diventarlo proprio grazie a questo Tribute.


ARTISTI VARI

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Bob Dylan in the 80’s (Ato Records)

I dischi tributo sono spesso discontinui... Ah, no, daccapo. Gli artisti sono spesso discontinui, ma pochi come Dylan che, nel corso di una carriera che ha superato il mezzo secolo, ha attraversato almeno un paio di momenti buï. Il primo è stato a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, epoca del famigerato Self portrait, recentemente riscattato dalle Bootleg series. Gli anni Ottanta, invece, sono stati più difficili. Dischi di ispirazione cristiana (Saved e Shot of love) poco centrati dal punto di vista musicale. Un capolavoro mancato di pochissimo (Infidels), un passo nel mainstream pop dell’epoca con tanto di pseudo rap, tastieroni e batteria elettronica (Empire burlesque) e un paio di album – pattumiera (Kocked out loaded e Down in the groove) fino alla decisa risalita di Oh mercy. Questo altro tributo vuole provare che, in mezzo a tutto ciò, c’era anche del buono: o brani sottovalutati all’epoca, oppure minati da arrangiamenti o esecuzioni poco convincenti. Anche qui è inutile fare l’elenco, sottolineo solo la bella Jokerman dei Built To Spill, Dark eyes di Dawn Landes e Bonny “Prince” Billy e una strepitosa Pressing on di Glen Hansard.


LEGGI

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MASSIMILIANO TIMPANO E PIER FRANCESCO LEOFREDDI

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Chiuso per Kindle. Diario di un libraio in trincea (Bompiani, 171 pagine, 9,50 sacchi)

Insidiato dai negozi online e dai supermercati, minacciato dall’e-book e dalla crisi, il libraio resiste come un soldato cbe crede molto, moltissimo, nella sua missione: presentare ogni giorno ai lettori storie e idee in forma di libro, scegliendo con esperienza e passione tra le migliaia di proposte che affollano i cataloghi degli editori. Tra gli scaffali, Don Chisciotte e Maigret, libri di ricette e casi letterari nelle varie sfumature si spartiscono l’attenzione degli acquirenti senza risparmiarsi colpi bassi. Loro, i lettori, si difendono come possono, confortati dall'inserto del giornale di fiducia e da una sana diffidenza. Chiuso per Kindle è un viaggio nella vita quotidiana di una libreria, un’irresistibile galleria di clienti raccontata da chi lavora dietro la cassa, la cronaca senza omissioni delle cattive abitudini dell’editoria nell'era del best seller a tutti i costi. Ma è anche, e soprattutto, un atto d’orgoglio nei confronti di un mestiere insostituibile, che nessun tablet potrà sconfiggere. Massimiliano Timpano e Pier Francesco Leofreddi sono due librai, vivono e lavorano a Roma.

NdA: alla fine, dati alla mano, gli e-book sono in ribasso e la gente preferisce sempre voltare le pagine invece che avere a che fare con un arido schermo. Capita, quando si studia una tecnologia per rimpiazzare qualcosa che non è fondamentale rimpiazzare.


ANDREA PEDRINELLI

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Roba minima (mica tanto). Tutte le canzoni di Enzo Jannacci (Giunti, 256 pagine illustrate, 18 sacchi)

È nel marzo del 1964 che Jannacci Vincenzo diventa Enzo Jannacci: o il Saltimbanco, come amava definirsi dando una forte valenza etica al proprio lavoro di cantautore e autore teatrale nonché televisivo. La canzone che rende Jannacci noto a tutti si intitola El portava i scarp del tennis e narra della gente comune, che sarà sempre il vero obiettivo di un’arte senza snobismi. Il “barbon” del brano muore nell’indifferenza, ma i valori che come ogni uomo egli ha in sé non sono “roba minima”, malgrado Jannacci così canti, con pudore. Perché non è “roba minima” la vita di un signore diviso tra la medicina del corpo e quella dell’anima, capace di resistere alle tante censure e banalizzazioni di chi ancora oggi lo definisce “un clown” per cantare emarginazione, razzismo, lavoro minorile, droga, malasanità, mafia, malapolitica, TV senza morale. E soprattutto non è “roba minima” l’eredità umana di un artista che amava dire “Ricordati, non si traffica con la coscienza. Mai. Se si rinuncia alla dignità una volta, la si è persa per sempre”.

NdA: in attesa che qualcuno si decida a ristampare tutti i dischi mancanti (e non sono pochi, anche se il lavoro fatto in edicola di recent ha riportato alla luce quasi il 60% del totale ci sono ancora troppi buchi) ecco un lavoro appassionato, documentatissimo, godibilissimo anche come lettura, il primo importante passo per una giusta collocazione di Jannacci nella storia della musica.


GIUSEPPE TORNATORE

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Il collezionista di baci (Mondadori Electa, 215 pagine illustrate, 22 sacchi)

I grandi baci cinematografici sono impressi nella memoria di milioni di spettatori e rappresentano spesso il ricordo più vivo legato ai film; passano gli anni e le pellicole sbiadiscono, ma quei baci rimangono. Chi non ricorda il bacio tra Audrey Hepbum e George Peppard in Colazione da Tiffany o quello tra Marcello Mastroianni e Sophia Loren in Una giornata particolare? Oppure Jack Nicholson con Jessica Lange in Il postino suona sempre due volte. I più giovani difficilmente dimenticheranno il bacio tra Leonardo Di Caprio e Kate Winslet in Titanic o quello tra Nicole Kidman e Tom Cruise in Eyes wide shut. La lista è lunghissima e tutti hanno un bacio da ricordare: il primo, l’ultimo, il più lungo, il più romantico, il più sensuale. Tornatore ha selezionato più di duecento manifesti originali che coprono un arco temporale di quasi un secolo, tutti provenienti dalla collezione di Filippo Lo Medico, per raccontare una storia alternativa del cinema attraverso i momenti più intensi. Fotografie di Giovanni Lo Curto e Valentina Murabito.

NdA: il libro non è niente più di quello che promette: foto di baci, manifesti con baci, attori che si baciano. L’effetto, però, non è zuccheroso, ma nostalgico, perché oggi al cinema non ci si bacia più così. Oggi se non si intrecciano le lingue a vista, non ci si morsica labbra, non ci si risucchia con avidità non si può neppure chiamare bacio. Oggi il bacio di Notorius lo dai quasi a chiunque. Nostalgia di baisers volés...


GUARDI

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Martedì 15 aprile, Rai4, ore 23.10

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Distretto 13: le brigate della morte (Usa, 1976, 90 minuti) di John Carpenter con Austin Stoker, Darwin Joston, Laurie Zimmer, Martin West e Henry Brandon

Periferia di Los Angeles, il Distretto 13 sta per essere trasferito a causa di un ordine pubblico sempre più compromesso dalla violenza. Mentre il tenente Bishop si reca sul posto con l'incarico di supervisionare il trasloco, un cellulare della polizia che sta traducendo tre pericolosi criminali è costretto a fermarsi lì per via del malore di uno di loro. Ma il vero pericolo viene dall'esterno: una banda ha accerchiato il distretto per vendicare i compagni uccisi sia dalla polizia, la notte precedente, sia da un padre, ora rifugiato nella centrale in stato catatonico, che ha risposto al barbaro assassinio della propria figlioletta freddando uno dei delinquenti.

NdA: dinamico neo western che ha segnalato al mondo un autore con delle idee che si son poi ben viste nei suoi film successivi. Imperfetto, ma affascinante, datato, ma unico... Tarantino gli è debitorissimo...


Mercoledì 16 aprile, Rai4, ore 21.10

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L’uomo senza sonno (Spagna, 2004, 102 minuti) di Brad Anderson con Christian Bale, Jennifer Jason Leigh, Aitana Sánchez-Gijón, John Sharian e Michael Ironside

Trevor Resnik è colpito da un attacco di insonnia particolarmente lungo: non dorme da un anno. Quando una amniotica routine fatta di lavoro e sesso a pagamento sarà perturbata da anomali accadimenti, l’uomo, già abbastanza sciupato di suo, si troverà a dubitare di chiunque: le risposte tarderanno ad arrivare.

NdA: siamo sul sottile crinale tra il piccolo capolavoro e la clamorosa vaccata (come capita quasi sempre nei film con finale a sorpresa). Io propendo per la prima versione, in quanto chiamato direttamente in causa (non che non dorma da un anno, ma ho appena contato che il mio tempo effettivo di sonno massimo per svegliarmi riposato è 3 ore e 45) e poi per la prova impressionante di Bale, attore che forse vuole essere un po’ troppo perfetto in tutto, ma qui ci riesce alla grande. Per fare questa parte ha perso 25 chili, quindi è da confrontare con quella di American hustle dove, invece, ne ha presi 18...


Giovedì 17 aprile, Iris, ore 23.30

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L’elemento del crimine (Danimarca, 1984, 103 minuti) di Lars von Trier con Michael Elphick, Me Me Lay, Esmond Knight e Jerold Wells

Il detective Leopold Fisher, uomo stanco e ossessionato da incubi ricorrenti, rivive sotto ipnosi il recente caso che lo ha visto in Europa ad indagare sui delitti di un maniaco omicida. Mettendo in pratica gli insegnamenti dell’anziano maestro criminologo Osborne, convinto - secondo quanto ha sostenuto nel libro L’elemento del crimine - della necessità di immedesimarsi psicologicamente con l’avversario per comprenderne il movente e catturarlo, Fisher si è addentrato in un labirinto di brutalità e di follia, e, dopo essersi legato alla donna del killer, ha finito con l’identificarsi, in un tragico sdoppiamento di personalità, con l’assassino stesso. Fisher ha scoperto un mondo nel quale ciascuno di noi può essere il doppio di un altro: un mondo nel quale lo stesso Osborne era, imprevedibilmente, precipitato.

 

NdA: dedicato a tutti quelli che stanno impazzendo per Nymphomaniac. Pochissimo visto dal grande pubblico, come tutto il Von Trier pre-Onde del destino, non meno disturbante. Fa comprendere come, a suo modo, oggi Lars scenda a compromessi, con attori di richiamo e certi autocompiacimenti estetizzanti assenti in questa opera febbrile, figlia di Eraserhead quanto di Blade runner...


 

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