Il senso del voto per le code

Lo sapevo, maledetto Murphy (sì, quello della legge sulla fetta di pane che cade dalla parte imburrata) hai sempre ragione.

Nella mia sezione elettorale c'è una coda infinita. Per la precisione, è l'unica con la coda infinita. Il signore davanti a me si gira e brontola: non mi è mai successo di trovare tanta gente al seggio. Generale annuire. Poi spiega: pensavo che a quest'ora non votasse nessuno. L'annuire del gruppo si fa più determinato. 

Incoraggiato, continua indicando i fitti manifesti: e per questa gente qui, poi, guarda quante liste; dovessero pagare 100mila euro ciascuno per candidarsi, almeno non li vedremmo.

Il cenno del capo si trasforma in un sospiro collettivo. Ci sentiamo una squadra, anche se probabilmente i nostri voti sono mondi incompatibili l'uno con l'altro. Non importa, siamo il popolo votante alla sezione della coda infinita, sotto la neve. 

Torniamo muti, finché un anziano che scrutava i manifesti, esclama: nooo, c'è anche questa lista? Il mio nipotino me lo diceva e io non gli credevo.

Da dentro una voce intima: avanti un uomo. La coda delle donne è più difficile da abbattere. Murphy, ne sai una più del diavolo con quella legge.

Al ritorno, non ci salutiamo nemmeno più. Siamo il popolo unito, che si sfida come la neve.

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