Belleville, New Jersey. Un posto da cui un ragazzo ha tre possibilità per andarsene: "entrare nell'esercito e magari finire ucciso, diventare mafioso e magari finire ammazzato oppure diventare famoso". Per i protagonisti di questa storia, erano due su tre. Quattro ragazzi figli dei sobborghi del Garden State (o meglio tre di loro, l'ultimo si aggiungerà in un secondo momento, ma il suo mondo è tutt'altra altra cosa) condividono la passione per la musica e i modi più disparati - e spesso meno legali - per sbarcare il lunario. Le loro giornate trascorrono tutte uguali tra un modesto lavoro diurno, un concerto mal pagato la sera in qualche club della città e un furtarello. Ma il crimine non (sempre) paga, così si vedono continuamente entrare e uscire di prigione. Finchè non iniziano a fare le cose sul serio, finché il loro gruppo scanzonato non diventa finalmente un quartetto musicale, con un proprio stile, un proprio sound e un nome, "The Four Seasons". Dirige il film un Clint Eastwood in versione inedita, a metà strada fra un musical di Broadway e un gangster movie alla Scorsese dove la mafia c'è, ovunque, onnipresente, ma non sparge sangue. Sarebbe un'altra storia. Il film vuole, invece, raccontare l'ascesa e la caduta dei quattro membri della band, le loro vicende umane e le loro canzoni, dove spadroneggia il falsetto di John Loyd Young nei panni di Frankie Valli, il leader del gruppo. Eastwood, nonostante la sua carta d'identità dica classe 1930, ha ancora voglia di sorprendere e lo fa portando sul grande schermo un musical di successo che ha conquistato l'America, guadagnando anche un Tony Award e diventando di casa a Broadway, dove è in scena da otto anni consecutivi.