Alberi monumentali sul lario
Un tesoro che parla tra le fronde

Castagni, tigli, platani ma anche palme, cedri, sorbi e ginepri striscianti. Sono in tutto una quarantina, in provincia di Como, gli alberi cosiddetti monumentali, capolavori della natura registrati e protetti dalla Regione Lombardia che, nel 2000, ne ha avviato il primo censimento, obbligando le province a inserirli, proteggendoli, nei rispettivi piani regolatori del territorio.

Testimoni silenziosi e mansueti del tempo e della storia, i grandi alberi del Comasco rappresentano una attrazione turistica sottovalutata e a rischio, nonostante le attenzioni. Questione di cultura, spiega il fitopatologo Ernesto Mistrangelo, esperto di piante d’alto fusto e autore del censimento dei «soggetti arborei» monumentali della provincia di Lodi: «Da parte degli enti pubblici, oggi, c’è senz’altro maggiore sensibilità di un tempo - dice - ma la strada è ancora lunga. In molti casi le potature vengono fatte male, guardando più al risparmio che non alle effettive necessità degli alberi. Così capita che i giardinieri taglino più del necessario, per far vedere che il lavoro è stato eseguito, mentre la potatura ben fatta dovrebbe essere quella di cui non ci si accorge». Il rischio è scontato: il numero delle piante di interesse monumentale andrà progressivamente riducendosi, come se non bastassero clima e malattie che, negli ultimi anni, hanno già determinato dolorose "dipartite", come nel caso del piantone di Verzago, quello sotto il quale Foscolo si struggeva d’amore per l’adorata "Cecchina", o dei platani di Villa Olmo. «Malattie? Le più gravi - dice ancora Mastrangelo - sono quelle che colpiscono gli apparati radicali. Se però le radici non vengono intaccate, gli alberi possono vivere davvero molto a lungo».

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