Homepage / Como città
Giovedì 09 Luglio 2009
Le parole che non ti ho detto
Il papà di Andrea scrive al figlio
Nessuno dovrebbe sopravvivere ai propri figli. È quello che invece è capitato ai genitori di Danny e Andrea. Proprio il papà di Andrea Edera ci ha portato in redazione questa lettera, che siamo onorati di pubblicare.
sono qui nella tua stanza, guardo i tuoi oggetti, le tue foto che ti ho fatto fin da quando eri bambino. Come nella moviola di un film sto ripassando i tuoi anni passati, la nascita, i primi passi, la scuola, le vacanze passate assieme, il tuo lavoro. Anche le mie arrabbiature per farti fare i compiti, per le marachelle, quando hai rubato i pomodori del Dante con il tuo amico Daniele, o la multa che hai presto a Maslianico quando impennavi il motorino. Poi sei cresciuto, ti sei appassionato a quello che facevi, mi chiamavi per farmi ascoltare la tua musica preferita, ed io impassibile a non darti la soddisfazione di dirti: «Sì, è bella». Fui felice quando mi chiedesti di fare una vacanza con te, non te lo dissi. Partimmo, guidasti quasi per tutta la strada, volevi dimostrarmi quanto eri sicuro nella guida, e quanta resistenza avevi. Ce la godemmo quella vacanza! E non ti ho mai ringraziato per quei giorni che mi hanno permesso di conoscerti adulto, "uomo", con i tuoi progetti, i tuoi desideri. Un Natale portasti a casa una lettera del "Tarcisio", scriveva belle parole per te, il tuo impegno sul lavoro, e ti ringraziava. Feci finta di leggerla con noncuranza, ma ero felice per te. Però la lettera la conservo ancora io, e mi dicevo: sei bravo, leale e ti apprezzano per le tue capacità. Per te mi preoccupavo, per la tua troppa sicurezza, per quel tuo affrontare i pericoli mettendoti davanti con il tuo fisico "poderoso" e facendo, con questo, scudo agli amici contro chi "osava" far loro del male. E sono sicuro che anche l’altra notte hai pensato al tuo amico, a come proteggerlo. Ma purtroppo hai trovato un "nemico" più forte di te. Quando hai iniziato il corso della Croce Rossa non ho saputo dirti altro che: «Era ora», invece avrei dovuto abbracciarti. E ti vedevo quando indossavi la divisa come una seconda pelle, orgoglioso di quello che andavi a fare. E al rientro dal turno parlavi già da... "soccorritore consumato". Hai superato gli esami e non ho nemmeno fatto in tempo dirti: «Bravo».
Ti ho visto l’ultima sera a Cernobbio, tu eri in servizio per la festa. Mi sei passato davanti, mi hai guardato, mi hai lanciato un sorriso. Ti ho fatto un cenno di saluto. Volevo dirti quanto ti stimavo per quello che stavi facendo e per come lo stavi facendo, te lo dico ora che sei partito per un lungo viaggio. Quando ci rivedremo, permettimi di abbracciarti. Sono orgoglioso e fiero di averti conosciuto e avuto come figlio.
Il tuo "pà"
© RIPRODUZIONE RISERVATA