Ronde, il progetto fallisce
Ancora nessuna iscrizione

A tre mesi di distanza dall’entrata in vigore della legge con cui il ministro Roberto Maroni istituiva le cosiddette "ronde" legali, istituzionalizzando il pattugliamento fai da te di paesi e città, nessuno si è ancora fatto avanti. «Zero adesioni», dice l’addetto stampa della Prefettura di Como Nicola Venturo

COMO A tre mesi di distanza dall’entrata in vigore della legge con cui il ministro Roberto Maroni istituiva le cosiddette "ronde" legali, istituzionalizzando il pattugliamento fai da te di paesi e città, nessuno si è ancora fatto avanti.
«Zero adesioni», dice l’addetto stampa della Prefettura di Como Nicola Venturo che spiega come qualcuno si sia fatto avanti per fare qualche domanda ma senza che mai si sia concretizzata la necessaria registrazione sull’albo istituito presso il palazzo del governo. Dei rondisti comaschi, leghisti ma non solo - spesso anche semplici cittadini disposti a sobbarcarsi ore di sorveglianza notturna, come era successo per esempio a Parè fino alla scorsa primavera - non si ha più traccia. Tutti spariti.
La situazione comasca è speculare a quella del resto del Paese. Secondo i dati del Viminale, le associazioni di rondisti regolari sarebbero appena sei, tre in provincia di Roma, una a Milano (dove è attivo un gruppo di ex poliziotti), una a Bolzano e un’ultima in provincia di Treviso. Dice Ernesto Molteni, segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia:«Siamo sempre stati contrari a questo tipo di servizio. Del resto i cittadini sono già obbligati a segnalare alle forze di polizia irregolarità e reati, senza necessità che per farlo si riuniscano in ronde. L’ordine pubblico è materia serissima: un conto è pattugliare il centro storico di Como, un conto è farlo a Scampia... Ora che l’esperimento è fallito chiediamo al governo di dare a noi poliziotti le risorse per poter svolgere al meglio il nostro lavoro».
Ildiscorso, però, non è ancora chiuso, non del tutto. La legge prevedeva (e prevede) un periodo di transizione della durata di sei mesi, durante il quale le associazione dedite a questo genere di servizi possono continuare a svolgere l’attività di controllo senza iscriversi all’albo. Il che significa che qualcuna di esse potrebbe attendere ancora prima di sciogliere le riserve e risolversi a presentarsi in prefettura per l’iscrizione. È quello che auspica, per esempio, il padre delle ronde padane comasche, il senatore Armando Valli:«Aspettiamo febbraio, perché - osserva - il territorio di Como ha una lunga tradizione». Cominciò lui, attorno al 1995, con le prime ronde della guardie padane che incrociavano soprattutto in centro città e nella zona della stazione centrale di Como San Giovanni:«Uscivamo alla sera i camicia verde, in gruppi di sette, otto, nove persone. Fungevamo da deterrente. Spacciatori e malintenzionati, sapendo che eravamo in giro noi si tenevano a distanza di sicurezza». Valli non vuole sentir parlare di fallimento:«Perché siamo ancora convinti che si tratti di uno strumento utile e attuale. Iproblemi di sicurezza sul tettitorio, nonostante gli sforzi, restano, specie nei paesi».
L’iscrizione all’albo, in ogni caso, sarebbe soltanto il primo passo. La procedura per ottenere l’autorizzazione alla ronda prevede anche un corso di formazione.
Toccherà poi ai sindaci, cui le nuove norme varate dal governo riconoscono poteri di sicurezza urbana, proporre al prefetto l’impiego dei gruppi iscritti negli elenchi. Sempre, ovviamente, che qualcuno decida finalmente di farsi avanti.

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