Cadorago, quella notte
in cui un innocente
ha rischiato di morire

Le indagini sull’omicidio di Ernesto Albanese iniziarono dopo il fallito attentato nella sua abitazione. Ma i killer sbagliarono obiettivo: solo per caso non morì la persona sbagliata

Le indagini sulla morte di Ernesto Albanese prendono il via il 5 giugno, quando due colpi di pistola vengono esplosi all’interno dell’appartamento di due che non c’entrano niente.

Secondo la squadra mobile della polizia, Franco Virgato, convinto che quella sia la casa di Ernesto Albanese, solleva una tapparella del tinello di un appartamento al piano terra di uno stabile di Bulgorello, in via Risorgimento, e spara. La coppia che vi abita fa appena in tempo a mettersi in salvo, prima che due proiettili vadano a conficcarsi nel divano - da dove fino a un istante prima il proprietario di casa guardava la tv - e nel frigorifero.

Qualche giorno più tardi, allarmati dalla sua scomparsa, la madre e la sorella di Albanese sporgono denuncia. Ed è inevitabile collegare la sua sparizione alle pistolettate di via Risorgimento.

C’è un testimone che aiuta gli investigatori. Uno che riferisce di avere visto il povero Ernesto a Bulgorello la sera dell’8, e di averlo visto in compagnia di un uomo con le braccia tatuate (Locatelli, come risulterà più tardi, ha in effetti entrambe le braccia tatuate) che lo colpisce al volto e lo carica in auto per poi sparire nel nulla. Le indagini, a quel punto, sono già bene indirizzate. Il resto lo fanno alcune fonti confidenziali.

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