Comaschi col tesoretto in Ticino
in fuga verso altri paradisi

Paolo Bernasconi, già procuratore a Lugano, ospite del Centro studi Einaudi: «Fine del segreto bancario, ormai sugli aerei per Dubai si sente parlare ticinese»

Qualcuno si trasferisce in Svizzera, qualcuno porta la residenza nel Regno Unito restando domiciliato in Italia, qualcuno sposta i soldi in località remote rimaste veri paradisi fiscali.

Le stanno pensando tutte diverse centinaia di comaschi che da qualche settimana fanno disperato appello ai loro avvocati e ai loro commercialisti da un lato e dall’altro del confine elvetico pur di trovare una via d’uscita che salvaguardi l’integrità dei loro fondi in Svizzera. In questa fase di cambiamento profondo e di stretta sull’evasione fiscale resta una sola certezza: il futuro dei capitali detenuti all’estero da contribuenti italiani è segnato e la rivoluzione in atto nel quadro normativo costringerà ben presto gli interessati a prendere delle decisioni radicali.

Questo è in sintesi il tema scandagliato l’altra sera nell’incontro organizzato dal Centro Studi Einaudi a Villa del Grumello, dove Stefano Fagetti, presidente del centro studi, ha introdotto i tre relatori Fabrizio Vismara, docente dell’università dell’Insubria, Silvio d’Andrea, docente dell’università Bicocca di Milano, Paolo Bernasconi, avvocato a Lugano e docente di diritto penale nelle Università confederate, con vent’anni da procuratore nel vicino Cantone alle spalle.

«Avvocato, dove vado?» La domanda continua a risuonare negli studi di Bernasconi e dei colleghi. D’altra parte negli ultimi decenni un’infinità di imprenditori, ma non solo, per lavoro o per prassi consolidata a così pochi chilometri dal confine di stato hanno aperto dei conti o acquisito delle partecipazioni nel vicino cantone. Contavano sul rassicurante e famigerato segreto bancario della “cassaforte d’Europa” per mettersi al riparo dalla leva fiscale italiana.

Il segreto bancario elvetico però ha iniziato a vacillare e le poche garanzie superstiti di non dover dichiarare importi, provenienza e rendite dei fondi, secondo gli addetti ai lavori hanno i giorni contati. «C’è stato un “big bang” il 2 aprile 2009: dai vertici del G20 riuniti a Londra è stata presentata una dichiarazione di guerra globale contro l’evasione fiscale, e stavolta hanno fatto sul serio», assicura l’ex magistrato. Entro settembre, ma forse già a luglio, arriverà la legge allo studio della commissione Finanze della camera dei Deputati sull’emersione regolare dei fondi esteri.

Gran parte degli evasori oggi sarebbero disposti a pagare per mettersi in regola, solo che nessuno vuole rischiare il reato penale: preferiscono piuttosto trasferirsi in Svizzera, oppure spostare i capitali nei pochi paesi dove ancora è possibile nasconderli al fisco. «Sugli aerei per Abu Dhabi e Dubai che partono da Malpensa si parla dialetto ticinese», racconta Bernasconi con una battuta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA