«Il nostro Simone
ucciso da quella strada»

I genitori di Simone Lucca chiedono al Comune di intervenire: «Basta morti. Lo dovete a nostro figlio»

Il Dolore, quello che non ha eguali, ha lo sguardo perduto nei ricordi di mamma Annarita e papà Tiziano. Un Dolore composto, che non lascia spazio a urla o a imprecazioni, e che proprio per questo racconta meglio di ogni altra immagine cosa vuol dire perdere un figlio: Simone Lucca, il giovane morto sulla Varesina in una domenica sera d’inizio aprile, contro un’auto che, per voltare in via della Bastiglia, ha tagliato la strada alla moto del ragazzo.

«Da quel giorno non dormo più - dice mamma Annarita - Mi scorre davanti tutta la sua vita. Ho riempito la casa di sue foto eppure, quando chiudo gli occhi, la sola immagine che vedo è quella all’ospedale. Il mio Simone morto».

«Un dolore che non passa mai»

«È un dolore che non passa mai - prosegue la donna - Le parole in questi casi non sono mai adeguate. Quante volte per consolare genitori che avevano perso i figli abbiamo detto: “ti capisco”. E invece non è vero, non potevamo capire».

I genitori del ragazzo hanno dato mandato all’avvocato Isabella Tosto di seguirli nell’inchiesta sull’incidente. Ma in attesa delle conclusioni della Procura non intendono restare a guardare. «Non siamo voluti più passare da quella strada - spiega papà Tiziano - Questa sera (ieri in occasione della via Crucis a Rebbio ndr) sarà la prima volta». Ma non c’è amico o familiare che non li relazioni sul fatto che «ancora oggi tutti continuano a girare e a tagliare la strada» dove il divieto di svolta è tassativo.

«Non è possibile - prosegue l’uomo - che in quel punto nessuno faccia nulla. Una rotonda o uno spartitraffico per impedire quella manovra... forse in Comune pensano che basti un cartello per risolvere il problema. È toccata a Simone, ma poteva accadere a qualcun altro. Era solo questione di tempo». Dopotutto quante volte gli stessi residenti avevano protestato per quello svincolo maledetto.

«Non può essere stato tutto inutile - commenta Annarita - Io devo fare qualcosa perché la morte di mio figlio non sia stata vana. Il Comune deve intervenire e sistemare quel punto». Si asciuga gli occhi lucidi e poi prosegue: «Simone aveva tanti progetti e tante cose da fare. Progetti che non farà più per cosa? Per una strada pericolosa? Vogliamo che si cambi, ora: glielo dobbiamo».

Maledetta quella strada, certo. Ma non solo. «È vero: ci sono le regole da rispettare - commenta il padre - Non si può pensare di andare in giro in auto come se la strada fosse tua. Bisogna pensare che ci sono anche gli altri e che non siamo soli».

Annarita sfoglia l’album dei ricordi da dimenticare. Torna al 1993 quando tra Appiano Gentile e Mozzate un Tir tagliò la strada al figlio di suo fratello: «Anche mio nipote, come Simone, è morto in moto». Un giorno terribile, come la maledetta domenica d’inizio aprile lungo la Varesina.

«Quella mattina aveva accompagnato Valeria, la fidanzata, all’aeroporto. Quanti progetti: sabato erano andati a dare la caparra per la loro casa. “Mamma”, mi ha detto, “dobbiamo ancora comprare il letto, il divano e il tavolo”. Io gli ho risposto: “Non ti preoccupare, Simone, qualcosa lo compriamo noi”... ma non la cassa da morto... quella no». Una pausa e prosegue: «Non vedremo mai un figlio del nostro Simone».

Una famiglia unita

«A qualsiasi ora apro il cellulare e trovo le frasi dei suoi amici che lo ricordano e dico: è lui, è mio figlio». Parole a cui fa eco papà Tiziano: «Lui regalava sempre un sorriso a tutti». Amici di oggi e di ieri: «Un compagno di squadra che aveva giocato con lui a Tavernola è venuto all’obitorio perché non voleva credere che fosse lui. Non ho mai perso una sua partita...».

Una famiglia unita. Rara come un pietra preziosa. «Siamo sempre stati assieme. Ogni problema l’abbiamo affrontato assieme. Mia figlia Nicol nei giorni scorsi mi ha detto: “mamma, ti ricordi cosa mi spiegavi quando da piccola mi sono ammalata e sono andata in ospedale? Che il Signore dà il dolore a chi lo può sopportare”. Io ho molta fede.. e sto aspettando un segno che mi dica che il mio Simone sta bene dov’è ora».

Ma di segni mamma Annarita e papà Tiziano li aspettano anche qui, e subito: «Su quella strada non deve più morire nessuno. Lo dovete a Simone».

© RIPRODUZIONE RISERVATA